Il bestiario: una doppio malto per favore!
“Mi fa una doppio malto per favore”? Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, non ha pronunciato questa frase. Almeno una volta, siate sinceri. Poi d’accordo, si cresce, la curiosità aumenta in maniera esponenziale al numero di tappi che saltano, la conoscenza idem e non si cade più nell’errore. Eppure, sostare cinque minuti al bancone di un qualunque pub per credere, la domanda fatica a scendere dal podio delle più gettonate. Il “doppio malto” è insomma uno dei concetti più equivocati dal popolo dei consumatori, e un po’ di chiarezza a riguardo non guasta.
Un equivoco dunque, e per di più tutto italiano. “Doppio malto” è infatti un termine introdotto dal legislatore nazionale quando, agli inizi degli anni Sessanta, fu decisa la catalogazione delle birre ai fini della loro tassazione adottando come criterio il contenuto di zuccheri presenti nel mosto prima della fermentazione, il Grado Plato. Un concetto sposato anche dalle successive modifiche alla legge, basato dunque sul grado alcolico che una birra è potenzialmente in grado di sviluppare al termine del processo produttivo: maggiore il Grado Plato, maggiore la tassa da pagare.
Ecco allora le varie categorie fissate sulla base di questo parametro zuccherino e quindi alcolico: le birre “analcoliche”, quelle “leggere”, le “birre”, le “speciali” e, appunto, le “doppio malto”, per la cronaca contraddistinte da un Grado Plato superiore a 14,5 (vedi tabella).
Nell’immaginario collettivo le doppio malto sono birre “forti” dunque, sostenute a livello alcolico, più strutturate, anche se la realtà ci insegna che possiamo ad esempio incontrare doppio malto dorate con soli 5 gradi alcolici, dove buona parte degli zuccheri sono finiti a ingrassare il corpo della birra a discapito dell’alcol.
Nessuna presenza raddoppiata di malto o cose simili insomma e, ancora peggio, chiedendo una “doppio malto” al banco non forniamo alcuna informazione circa lo stile, il colore o il gusto che stiamo cercando. Un po’ come entrare in macelleria e domandare “mi dà due chili di carne?”. Beh, trattandosi appunto di macelleria la cosa è abbastanza probabile, qualche indicazione più precisa?
Nessuno stupore insomma se un giorno, di fronte al fatidico quesito, ci si dovesse sentir rispondere “bene, ora che ha espresso il suo gradimento circa il grado alcolico, mi dice che tipo di birra preferisce?”. Altro che doppio malto.
Che significa birra doppio malto, visto che iltermine non è collegato al grado alcolico ed agli zuccheri presenti nella bevanda?
infatti, poco o niente.
il termine è per legge collegato al contenuto di zuccheri nel mosto (semplificando). A regola ci si dovrebbe aspettare una birra dal contenuto alcolico più elevato, ma non è detto, dipende dalla qualitàdegli zuccheri e da molte altre variabili.
…senza contare chi chiede una “TRIPLO MALTO” quando vede una triple, o chi pensa che quest’ultima è una birra a “TRIPLA FERMENTAZIONE”!!!
Salute
ah ah ah è vero la triplo malto dopo trentanni di spillatura la sento ancora ordinare e quando lo spieghi ti guardano come stessi raccontando cazzate ….ah ah ah