Va bene subire (inconsapevolmente) l’influenza (inevitabile) degli stereotipi, ma forse sarebbe anche l’ora di svegliarsi un po’, dando al nostro libero e autonomo pensiero un ruolo, finalmente, da protagonista. Si parla di donne: e in particolare di quegli automatismi relazionali che assegnano ad alcuni cliché un significato comportamentale e intenzionale quasi scontato. Qualche esempio? Ragazza con abbigliamento professionale (specie maschilizzante) uguale scalatrice sociale, spregiudicata e cinica; ragazza con gli occhiali (specie a lente rotonda) e con sguardo da appassionata dello studio uguale intellettualoide poco interessata a scambi con l’altro sesso. Ragazza con birra in mano? Signorina disinvolta e tendenzialmente piuttosto disponibile.
A ufficializzare l’uguaglianza tra i facili costumi delle giovanotte con la pinta è uno studio della Deakin University di Melbourne, in Australia, che documenta come gli uomini percepiscano quel bicchiere di birra come un segnale, appunto, di disponibilità (non solo perché l’alcol rende più disinibiti, ma perché il sorseggiare un alcolico è vissuto di per sé come indice di disinibizione).
Il veicolo che, secondo il team di ricercatori australiani, rende i cliché così efficaci? Il loro utilizzo, martellante, da parte della pubblicità, che ci incoraggia a stabilire, in automatico, associazioni di giudizio in ordine a determinate immagini.
