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Consigli per fare in casa una Hoppy Blond Ale

All’inizio quando mi sono confrontato con le Blond Ale ho creato la Xelles, che univa al lavoro del lievito belga una luppolatura continentale. Ma quella birra non ha avuto un successo commerciale, nonostante ne andassi molto fiero, perché oggi i bevitori sono cresciuti a IPA e se non gli offri una luppolatura di quella matrice si sentono disorientati. Quindi se volete unire i profumi del lievito belga a quelli più moderni, ovvero ai luppoli americani o pacifici che più amate, seguitemi che vi darò qualche suggerimento. 

Come base maltata partirei da un 100% di malti pilsner, lascerei perdere il pale. Se volete una variazione sul tema interessante che possa limare qualche spigolosità, magari che esce fuori quando usate un lievito trappist o un wit, provate a introdurre un 15-20% di avena maltata. Non vi dovete aspettare conseguenze come quelle di una NEIPA, io la inserisco per dare quella leggera lattiginosità che smussa i caratteri rustici, e poi lavorando con un lievito belga i risultati saranno diversi, vedrete. Non sono amante del frumento in piccole percentuali che non serve a niente – che non aiuta la schiuma lo abbiamo capito da diverso tempo – e tendo a usarlo solamente quando deve sentirsi e la ricetta lo richiede.


Per quanto riguarda l’acqua eviterei eccessi di solfati, però non caricherei troppo di cloruri, quindi starei sull’1:1 con ppm non eccessive (non superate i 250-300). Come pH di ammostamento io sto sulla parte bassa della forchetta, quindi 5.2-5.3.


Luppolatura divertitevi a sperimentare. Io metto luppolo sia in bollitura, che in late hopping, che in dry hopping (qui potete spingere fino a 5g/litro). Mi sto trovando bene anche con il first wort hopping che riesce a estrarre delle interessanti sostanze aromatiche che si legano alla percezione dell’amaro finale. 

Nella mia blond Grande Belgio ho usato un lievito da wit, il 3944 della Wyeast, ma questo non deve indurre in errore: questo ceppo è consigliato anche dalla casa madre per le tripel, perché attenua bene e da una componente aromatica tipica del Belgio.

Fate lavorare il lievito a briglia sciolta, non abbiate paura: la questione non è tanto la temperatura che incide sulla dinamica di fermentazione, ma il tasso di inoculo elevato e la temperature nella prima fase di latenza che deve essere tra i 18 e 20. Poi salirà verso i 24 e 25 in maniera naturale. Comunque lasciate libero il vostro lievito di lavorare, anche perché se il pitching è stato corretto la fermentazione ci metterà dai 2 ai 3 giorni per finire tutto senza generare odori fermentativi indesiderati. Importante quindi è effettuare un buono starter prima di inoculare. Considerate che Westmalle fa uno starter che arriva al 10% del volume del mosto, quindi su 50 ettolitri fanno uno starter da 500 litri: non c’è niente di strano a fare starter importanti. Toglietevi dalla testa che il fenolico salta fuori solo con le temperature, ma considerate l’underpitching come responsabile principale. Scegliete voi il lievito che preferite, io ho sperimentato il wit, ma ad esempio si crea un buon sodalizio tra il belgian abbey II e il citra, il mosaic o il centennial, mentre con il trappist ho notato che c’è il rischio che il lievito diventi un filo prevaricante rispetto alla luppolatura (poi ovvio dipende quando luppolo si mette e come). A mio gusto la parte del pepe nero e del chiodo di garofano quando esce fuori fa a cazzotti con il luppolo, quando invece la fermentazione tira fuori arancia candita, zenzero, pepe bianco si crea una bella combinazione con la frutta tropicale e l’agrumato. Tra gli esteri preferisco la pera alla banana, però se si lavora bene con pitching adeguati, giuste temperature e plato bassi si evitano certi eccessi di esterificazione. Poi la banana oggi appare come un demonio, ma se si manifesta a bassi livelli e si integra in un contesto ci sta bene. Come gravità partite da 1040-45 e finite a 1005 circa.

L’evoluzione di queste birre vi sorprenderà: noterete come all’inizio sono esplosive, con le sensazioni luppolate in prima linea, ma se si è lavorato bene il luppolo decade senza tirar fuori puzze da ossidazione, e lasciando spazio alle caratteristiche del lievito. Per la mia esperienza entro l’anno dal confezionamento si sente ancora qualcosa riconducibile al luppolo, poi vi ritroverete con una blond più classica, non certo con un prodotto da buttare. Sicuramente in questa evoluzione c’è un intervento da parte del lievito che sorregge la bevibilità e il comparto olfattivo in maniera incredibile. Per arrivare a questi risulti dovete limitare l’ossigeno. Io lavoro le belghe in isobarico, poi riferimento in bottiglia. Quindi il consiglio è quello a fermentazione quasi conclusa, a poca distanza dalla FG di chiudere la spunding valve e inserire la CO₂ sufficiente per andare in pressione, tanto il lievito continua a lavorare. Poi si imbottiglia inserendo zucchero (ovviamente tenendo conto dei volumi sviluppati in isobarico). Belgio moderno è anche questo: lavorare stili tradizionali con una tecnologia come l’isobarico.