Degustare una birra: l’esame visivo
L’aspetto di una birra evidenzia alcune sua caratteristiche che a loro volta ne anticipano altre, destinate a essere verificate alla prova prima del naso e poi del palato. Partiamo dal colore, in relazione al quale ci soffermeremo sulle varie tonalità di base e sulle loro sfumature: pergamena, paglierino, dorato scarico, dorato, dorato carico, ambrato scarico, ambrato, ambrato carico, ramato, mogano, bruno, ebano. Ulteriore indagine può riguardare la densità cromatica del colore individuato, che andrà dal leggero all’intenso, passando per i livelli intermedi.
Una raccomandazione: ricordare sempre che il colore è conferito dall’impiego dei vari tipi di malto; e non ha, come spesso ed erroneamente si crede, alcuna correlazione con il grado alcolico. Quanto alla misurazione precisa, si fa riferimento a due ordini di grandezza: nel Vecchio Continente si utilizzano i gradi EBC (European Brewing Convention); negli Stati Uniti il sistema SRM (Standard Reference Method). Le scale in questione indicano quanta luce con lunghezza d’onda a 430 nm riesce a passare attraverso la birra contenuta in una cuvetta standard da 1 cm per 1 cm. L’assorbimento è il logaritmo del rapporto tra l’intensità del fascio luminoso in entrata nel campione e l’intensità in uscita. Questa differenza viene moltiplicata per 12,7 nel sistema SRM e 25 nell’EBC. Facendo degli esempi pratici, secondo la scala EBC, una birra chiara, di tonalità paglierina, si colloca sotto le 8 unità; una dorata, più o meno carica, si posiziona in una scala tra 8 e 18; un’ambrata tra 18 e 33; una birra che dal ramato arriva al mogano si colloca tra le 33 e le 55 unità; le brune propriamente dette tra i 55 e i 70, 70-80 per l’ebano, fino ad arrivare al nero sopra quota 80 EBC.
Si passa poi a considerare la limpidezza, prerogativa che definisce la capacità di un corpo di riflettere la luce. Andremo dunque a valutare la presenza di corpuscoli e sedimenti in sospensione, descrivendo un aspetto che va dal brillante, al cristallino fino all’opalescente e poi al torbido. Merita attenzione anche la trasparenza: ovvero la capacità di un corpo di essere attraversato dalla luce.
Una qualità da non confondere con la limpidezza (sebbene ovviamente la presenza di sedimenti incida anche su questo aspetto), perché qui il fattore determinante risulta essere l’intensità cromatica. Ad esempio, la Guinness Stout è una birra limpida (se la mettiamo controluce vedremo il suo riflesso color rubino), ma risulta impenetrabile (impossibile vedere attraverso). Altro valutazione imprescindibile in fase di esame visivo è quella riguardante la schiuma: che può essere evanescente e poco presente (come nelle piatte Real Ales britanniche); oppure abbondante e durevole (come nelle Golden Strong Ales belghe o nelle tedesche Weizen). Per analizzare e giudicare la schiuma si prendono in considerazione vari fattori: il colore, la qualità (consistenza e grana delle bollicine), la persistenza, la stabilità e l’aderenza alle pareti interne del bicchiere. Una schiuma adeguata scongiura rapide ossidazioni, proteggendo la birra dal contatto con l’aria, preservando i profumi e le relative sfumature aromatiche.