Come abbinare i frutti di mare alla birra
Sta arrivando il momento in cui – DPCM vari permettendo – tutti vorremo più che in ogni altro periodo dell’anno sederci al sole in un bel ristorante affacciato sul moto ondivago di una distesa di acqua turchina, e darci dentro con il meglio che il mare possa offrire. Per carità, ottimo e versatile il pesce da spina, ma diciamoci la verità: chi ama la gastronomia ittica ha un occhio di riguardo per quella estesa e meravigliosa categoria conosciuta sotto l’eterogenea etichetta di “frutti di mare”.
I frutti di mare sono tutto e niente: essendo utilizzato sostanzialmente per designare tutti gli animali marini commestibili che non siano specificamente pesci, il termine include creature appartenenti a classi diverse della tassonomia, molluschi e crostacei, cefalopodi e gasteropodi, ottopodi e bivalvi. È proprio questa la sorgente della straordinaria suggestività del termine: al solo pensare al nome – genio fu chi lo usò per primo – ci vediamo, quasi, varcare l’uscio di mirabolanti ortolani quietamente sommersi sotto i flutti, manco fossimo nella Sirenetta disneyana o in Spongebob, e ammirare le scaffalature traboccanti non di mele e albicocche, ma di una varietà di fasolari, ostriche e cannolicchi… Riempirne sacchetti e reti, prendo un kilo di questo, una manciata di quello, centellinando i ricci di mare come fossero fragole, gli abaloni e le patelle ioniche preziose ciliegie.
Ora torniamo seduti al ristorante di pesce: mentre già avevate l’acquolina, pensando al fritto di calamari, sicuro vi siete immaginati nel vostro posto preferito. Magari col ricordo della brezza marina vi siete raffigurati, occhiali da sole e camicetta chiara di lino, mentre abbinavate all’assiette de cruditées un calice di bianco: e questo è perché, a meno che non siate particolarmente fortunati, forse nel vostro ristorante preferito non c’è ancora spazio per la birra artigianale.
Ma già che stiamo sognando, fate uno sforzo extra: perché in questo pezzo parleremo esattamente di questo, e cioè di come abbinare con la birra le diverse categorie che compongono il variegato mondo dei frutti di mare. Quindi pensate per un momento che il vostro ristorante di pesce preferito abbia una lista completa di birre dei sogni da cui scegliere da abbinare ai piatti che ordinerete. Procediamo, quindi: come si abbinano birra e frutti di mare? Bisognerà tenere in considerazione una serie di fattori per trovare la birra giusta per accompagnare lo specifico piatto che sceglieremo.
Tra tutti, il più rilevante data l’ampiezza della categoria che stiamo trattando è la tipologia di ingrediente principale: un cefalopode, un crostaceo e un bivalve, pur rientrando tutti sotto il grande ombrello dei frutti di mare, hanno caratteristiche gustative diverse che richiedono ciascuna un tipo di abbinamento diverso. Altro fattore essenziale è quello degli ingredienti aggiuntivi che rientrano nella preparazione del piatto: anche considerando come ingrediente principale, ad esempio, le semplici vongole; le birre da abbinare cambieranno se sceglieremo di preparare uno spaghetto bianco con base aglio e olio, o un sauté macchiato con pomodoro, o ancora ad esempio un piatto con aggiunta di latticini come potrebbe essere un New England clam chowder. Infine un elemento da considerare assolutamente è quello della modalità di cottura impiegata nel singolo piatto, che può accentuare alcune caratteristiche gustative del prodotto mettendone in ombra altre: un polpo bollito si presta bene per texture e gusto lievemente salino a birre di un certo tipo; lo stesso polpo, se rosticciato o magari finito alla brace, si arricchirà di note amare che richiederanno accompagnamenti diversi.
Lo schema che seguiremo per indicare gli abbinamenti migliori sarà così il seguente: divideremo il mondo dei frutti di mare in tre categorie principali in base al tipo di ingrediente, e indicheremo per ogni classe gli abbinamenti migliori in base agli eventuali ingredienti extra e alle modalità di cottura. Pronti? Partiamo con la categoria 1: quella dei molluschi dotati di conchiglia, i bivalvi, o coquillage.
Abbinare il coquillage
Vongole veraci, cozze, fasolari sono ingredienti dotati di spiccata sapidità e mineralità. Se li gustiamo crudi l’abbinamento migliore è quello che aggiunge una leggera spinta acida che supporti le doti di cui sopra valorizzando al massimo il loro sapore di mare: via libera dunque a wild sour ale dalle note selvagge non troppo invadenti e dal profilo prevalentemente citrico, e anche a farmhouse saison di corpo esile e intensità aromatica moderata. Immancabile, per l’ostrica cruda, l’abbinamento istituzionale solo apparentemente “per contrasto” con dry stout all’irlandese: mentre le tostature offrono in effetti un contrappunto interessante e “nero su bianco” alla freschezza e al fondo dolce del mollusco, le note iodate espresse dal morso si raccordano meravigliosamente alle venature salmastre che caratterizzano le creste aromatiche dei malti scuri e del roasted barley. Si tratta di un abbinamento particolarmente divertente anche a livello tattile: vellutatezza della schiuma, scivolosità della materia prima ittica e wateriness del corpo della birra dialogano meravigliosamente.
Abbinamento ad hoc anche per i ricci di mare, che ben si abbinano (sul crudo, ma anche ad esempio nel classico piatto di spaghetti) a birre dai toni più accesamente fruttati, come ad esempio belgian blond ales di luppolatura moderata o addirittura a certe hazy pale ales contemporanee, caratterizzate da amaro ridotto, sfumature tropicali e fruttato in evidenza.
Sul versante delle preparazioni, la modalità di cottura tipica dei molluschi da conchiglia è la stufatura rapida nei loro stessi succhi, con vino o, come in alcune interpretazioni belghe delle moules marinières, con birra. Per preparazioni di questo tipo il fattore decisivo per azzeccare l’abbinamento è quello riguardante gli ingredienti aggiuntivi. Se per una semplice impepata di cozze o uno spaghetto alle vongole in bianco, o più in generale per stufati di coquillages con solo fondo di aglio, olio e magari prezzemolo, possono valere gli abbinamenti già indicati per il crudo interpretati in versione “potenziata” (gueuze o saison in versione classica o farmhouse di struttura più imponente), le cose cambiano decisamente nel momento in cui inseriamo due elementi “killer”, e nello specifico i già citati pomodoro e latticini. Se il vostro sauté di fasolari è macchiato al pomodoro, ad esempio, sarà opportuno non aumentare l’acidità già presente nel piatto ma al contrario smorzarla optando per le sensazioni lattiginose e morbide di una blanche. Per piatti dal gusto più intenso, non più “sporcati” ma ove la salsa di pomodoro diventi comprimaria del frutto di mare, come ad esempio negli spaghetti alla tarantina, punteremo a riequilibrare i picchi gustativi optando per una buona keller o zoigl francone dall’amaro controllato.
Se invece il piatto scelto avrà tra gli ingredienti una dose importante di panna o latte, come nel caso del citato clam chowder, si disporrà per l’abbinamento di un canovaccio gustativo più ampio; che si sposerà bene tanto con birre leggere e intensamente luppolate, come le Italian Pils o addirittura le Session IPA, quanto con stili britannici classici di alto potere idratante e tostature contenute (bitter, dark mild); per arrivare in piatti ad alto tenore di grassi – come nelle moules marinières – capace di tenere il passo con l’intensità di tripel belghe tradizionali.
Abbinare i cefalopodi
Polpo, calamari, seppie: ingredienti dal gusto tenue e dalla consistenza irresistibile, raramente consumati a crudo ma versatilissimi in termini di preparazioni culinarie. Il metodo di cottura e gli ingredienti a cui vengono accompagnati saranno quindi il parametro chiave dell’abbinamento. In generale si abbinano bene agli esteri e alla citricità accennata delle Weizen se preparati lessi o al vapore, come nel caso dell’insalata di polpo, e si prestano a supportare, se cotti alla brace, le delicate sfumature torrefatte di una schwarzbier (calamaro) e la ricchezza di una bock (polpo). Bene anche pils energiche in aroma, hoppy belgian ales e session IPA con calamari e calamaretti fritti in pastella, mentre per i calamari ripieni (in bianco) sono preferibili le saison classiche di spiccata secchezza, in grado di supportare il gusto del ripieno e di farne emergere la speziatura condendola con le tipiche note citriche e pepate. Per preparazioni al pomodoro meglio puntare ancora su una bock, possibilmente secca e dalla luppolatura sostenuta, o una dubbel per le lunghe stufature a base di polpo (polpo alla luciana).
Abbinare i crostacei
Gamberi, mazzancolle, granchi e aragoste: animali affascinanti dal punto di vista gastronomico, che si trascinano dietro un hype culinario lungo qualche secolo. Consumati generalmente “al naturale”, con pochissimi ingredienti aggiunti alle ricette che li vedono protagonisti, vengono serviti quasi sempre lessi o alla brace nelle tipologie di grande pezzatura: a queste modalità di cottura si aggiungono la marinatura a crudo e la frittura per i soli gamberi (o, caso eccezionale, per le celebri moeche della laguna veneta). Gli abbinamenti vanno quindi, in questo caso, calibrati quasi esclusivamente sull’intensità gustativa dell’ingrediente in sé: leggerezza e una stuzzicante acidità lattica da Berliner Weisse per accompagnare i gamberetti crudi o fritti; il rinfrescante taglio erbaceo di una pils e il suo finale amaro a sottolineare la zuccherinità dei gamberoni; i sentori esotici e morbidi di una NEIPA di frutto moderato a complementare la succulenza di una granseola o di un granchio imperiale; la robustezza e le note piney e di pompelmo di una classica west coast IPA in supporto all’opulenza carnosa di astice e aragosta.