California Beer Route: San Francisco (parte I)
Arrivando a San Francisco dal Bay Bridge si ha la senzazione di entrare direttamente dentro ad una cartolina degli Stati Uniti risalente alla metà del secolo scorso. La skyline di grattacieli è quanto di più “classico” americano si possa aspettare un turista europeo. Gli abitanti amano sottolineare come i quartieri della loro città possano cambiare drasticamente solamente svoltando l’angolo e questa è davvero la realtà di San Francisco: a poche centinaia di metri dai grattacieli del Financial District si alternano quartieri popolari ad altri più propriamente dimessi e scalcinati, fra gli sfavillanti centri commerciali e teatri del centro il Tenderloin, un interno blocco di case frequentato da perdigiorno ed emarginati (quando vi va bene…), è il quartiere più malfamato della città, davanti all’imponente e sfavillante Civic Center decine di disoccupati senzatetto sono un pugno nello stomaco che ci ricorda il lato oscuro dell’America, tanto diverso dalle ricche abitazioni neoclassiche sulle collinette della città, ma poi ancora Chinatown, il quartiere degli italiani a North Beach, quello dei messicani vicino a Mission, il rifugio di hippie e fricchettoni… Non è un impresa semplice trovare persone “normali” e “ordinarie” a San Francisco e quando ne incociate una, state certi che si tratta quasi sicuramente di un turista come voi.
La prima sera la sete è tantissima e noi, con passaporto in tasca che altrimenti non ti fanno entrare neanche se dimostri 60 anni, ci dirigiamo con passo deciso verso il più blasonato dei locali della città, il famoso Toronado… talmente deciso che usciamo con entusiasmo fuori dall’albergo e ci spingiamo, a nostra insaputa e in piena notte, nel Tenderloin, un’esperienza che non vi consigliamo di replicare… I migliori locali birrari di San Francisco hanno una certa tendenza ad essere “cool” e caratteristici, curati nell’offerta e nel servizio, con cucina di buon livello e prezzi – va da sé – sensibilmente più alti rispetto alla media californiana. Beh, il Toronado rappresenta la più classica delle eccezioni… In sostanza non è altro che un angusto, chiassoso, ruspante e sgangherato pub in un quartiere abbastanza movimentato della città, ma la coppia eccentrica di gestori (eufemismo…), la selezione di birre ed il clima goliardico e selvaggio ne fanno un’imperdibile tempio della birra mondiale.
Nell’arco di due visite, fra le tante birre passate nei nostri bicchieri – tutte rigorosamente alla spina (le bottiglie costicchiano) – ricordiamo la Dogfish Head Palo Santo Marron prodotta in enormi tini di legno, per noi una birra a cavallo fra una Imperial Stout ed una trappista forte e scura, grande calore, morbidezza e piacevoli note ossidate… enorme. Poi Russian River Pliny The Elder e Lagunitas Hop Stoopid, eccellenti Double IPAs; Iron Spring Casey Jones Double IPA, onesta ma non entusiasmante come le precedenti; una splendida English Ales Porter molto british e dalla bevibilità semplicemente mostruosa, anche se ad onor del vero durante la seconda visita al locale l’abbiamo trovata purtroppo infetta… Infine classiconi come alcune splendide birre di Port Brewing (Wipeout IPA e Hop 15 di cui parleremo più avanti) e la Dogfish Head 90 Minutes IPA ma la lista sarebbe lunga visto che le birre alla spine sono tante ed in continuo mutamento, come peraltro nella maggioranza dei locali californiani. Ad un certo punto ci è persino arrivato da chissà dove un bicchiere di Drie Fonteinen Hommage (da bottiglia, non esageriamo!) tanto per capire la lunghezza d’onda birraria del luogo.
Altro locale straconsigliato è il Monk’s Kettle, tranquillo e di una certa eleganza, ideale per la cena grazie ad una cucina di ottimo livello, anche se i prezzi lievitano un po’ rispetto a locali più alla buona. Strepitosa la selezione di birre. Esordio con una bottiglia di Stone Vertical Epic 08-08-08, Belgian IPA davvero eccellente. A seguire pinte di Dogfish Head Punkin Ale, molto speziata e difficile; Green Flash Le Freak, altra Belgian IPA buona e molto costosa anche se gli abbiamo preferito la precedente di Stone; He’Brew Messian Bold on Rye maturata in botti di Rye Whiskey che ben la caratterizzano, interessantissima, dotata di una certa acidità e con eleganti note di tabacco e vaniglia; Stone Oaked Aged Arrogant Bastard, una conferma con ottime note di ossidazione; Ommegang Rouge Grand Cru, red flamish da applausi davvero ruvida e sincera.
Gran finale col botto stappando una Russian River Supplication, ale maturata in legno con ciliegie e colture di lieviti selvaggi e batteri, semplicemente fenomenale, fantastica al naso, ancor di più in bocca, tanto bretta con note mielose morbide, ciliegia e agrumato, molto vinosa e col giusto apporto del legno, una delle birre del viaggio, da svenimento.
Rileggendo l’elenco sicuramente una serata indelebile fra le tante vissute come appassionati di birra…
In pieno quartiere fricchettone un altro pub molto valido è l’Alembic, farm pub del brewpub Magnolia di cui parleremo in seguito. Si presenta curato senza per questo risultare impegnativo. Una buona idea è sedersi ed ordinare uno spuntino fra i piccoli piatti abbastanza ricercati e di ottimo livello elencati nella lista: la lingua di manzo Kobe è stata bissata senza indugi. Dall’ottima lista di bottiglie – Italia compresa, che prezzi! – e spine presenti segnaliamo come rarità la Magnolia Barrel Aged Delilah Jones Rye, non indimenticabile a dire il vero, ma ne abbiamo provate altre come la Magnolia Stupid Boy IPA, diacetile a manetta, o la Russian River Perdition, una Belgian pale ale con un bell’amaro.
Un locale dove abbiamo lasciato un pezzo di cuore è l’Amnesia, abbastanza fuori dal centro, ai margini del quartiere fricchettone ed ispanico. Già all’entrata è tutto un programma. Buio pesto tranne qualche fioco lume rosso alimentato da candele. La musica diffusa è splendida, tango argentino. Lentamente la vista si abitua al buio e scorgiamo nell’esiguo locale anche un minuscolo palchetto per i concerti del fine settimana. Le locandine raccontano di musica d’autore di grande qualità. Locale dall’atmosfera davvero magica… Dietro al bancone il barista esibisce due grandi mustacchi e un abbigliamento a dir poco singolare, difficile da descrivere: una specie di elegante capo carovana con grande bretelle. Ma le birre? Una ventina di spine da cinema: Bear Republic Racer 5, oramai nei nostri cuori; He’Brew Lenny Bruce R.I.P.A., imperial IPA notevole; Moonlight Reality Czeck, Bohemian pilsner poco pulita e burrosa (fusto sfortunato?); Moonlight Death and Taxes, schwarzbier molto robusta che ci è piaciuta; Speakeasy Prohibition Ale, discreta amber ale molto caramellosa e biscottata.
A San Francisco, indiscutibilmente una delle capitali della craft beer statunitense, la birra si spoglia di quell’alone iniziatico e pionieristico che ancora conserva in Italia: per l’appassionato come per l’avventore comune diviene semplice quotidianità. Ti puoi trovare nello stesso liquor store con un clochard che compra liquore a basso prezzo mentre tu fissi estasiato il frigo-vetrina colmo di birre fino ad allora viste solo su RateBeer. Con pochi dollari, come un bambino con le bustine di figurine, puoi toglierti lo sfizio e riempire qualche spazio vuoto nel tuo album di assaggi. Oppure puoi sederti al Fisherman’s Wharf in un qualsiasi locale da turista per ripararti dal vento gelido e consumare una zuppa di granchio. Nel menu ci troverai sempre una o due craft beers fra cui scegliere. La Anchor Steam è quella normalità che noi tutti vorremmo vedere nel bar sotto casa.
E’ quel modo di pensare, quella brezza che viene dall’oceano… La nebbia scivola lentamente nella baia: l’inverno più freddo è un’estate a San Francisco. Già, ma che birre…
Complimenti per il tour.
Bella esperienza!
Toronado è un’esperienza mistica, io ci sono andato verso le 16 del pomeriggio, a piedi dal centro e mi sono beccato anche una piacevolissima discussione sulle birre italiane con un’appassionato avventore (compresi diversi giri )