A Genova è polemica sulla Birralonga nel centro storico
A Genova, la Birralonga diventa un caso. E il caso fa sorgere spontaneamente una domanda, dal rilievo propriamente sociologico: perché l’immagine di un consumatore con la pinta in mano viene automaticamente associata all’idea di un’assunzione indisciplinata (usando un eufemismo) di alcol? La considerazione – senza che ciò implichi una presa di posizione pregiudiziale sulla vicenda specifica – nasce a fronte del dibattito che, in questi giorni, sta dividendo appunto gli animi nel capoluogo ligure.
Da una parte gli organizzatori della Birraloga: un tour del centro storico, con tappe scandite da 9 locali dove poter degustare, in gruppi che partiranno dalle 14 alle 21 di domenica 24, altrettante birre artigianali abbinate a un piatto. Sulla sponda opposta, i detrattori dell’originale camminata: i quali si chiedono se mille persone (tanti sono i biglietti disponibili, quasi terminati) con due litri di birra artigianale siano davvero un’iniziativa che porterà benefici al cuore antico della città. I promotori sono stati costretti a dichiarare qualcosa di evidente (ma non per tutti a quanto pare): non si tratta di un tour per ubriachi, ma di un pomeriggio per famiglie, nato per sorseggiare prodotti di qualità, proprio contro la sciatteria e la moda dei chupito a 1 euro.
Questo il triste scenario che deve far riflettere, perché di casi simili se ne registrano di continuo in Italia, visto che ancora viviamo la fase in cui un calice di rosso tra le dita fa tanto fighetto assaggiatore, mentre la pinta fa tanto sbronza molesta.