Birra e scienza: come nascono i profumi della birra (III parte)

Prima di tutto ringrazio tutti quanti hanno letto gli articoli precedenti e si sono prodotti in “trattati” di chimica di livello veramente notevole, e lo dico sul serio. Al momento ho pochissimo tempo per rispondere alle varie obiezioni, ma mi riprometto di farlo al più presto. Ho arbitrariamente deciso di proseguire nella serie di articoli e di cercare di fare chiarezza tra poco, se mai ci riuscissi. Questo è infatti un campo, diciamolo subito, in cui le conoscenze sono molto limitate sia per l’oggettiva difficoltà (dico dal punto di vista tecnico) di caratterizzare le migliaia (migliaia) di composti che compongono il pannello aromatico della birra, sia per la mancanza di interesse industriale nel problema, che si traduce in risorse economiche limitate. Altro punto: questi articoli sono letti da un pubblico variegato, con basi culturali diverse, si rischia di diventare noiosi da una parte o banali dall’altra. Concludo l’introduzione (scusate l’ossimoro) dicendo che, a mio parere, è sbagliato bere birra per ubriacarsi, ma anche bere come il piccolo (o grande) chimico toglie molto della magia di questa bevanda complessa. Questa volta parliamo di aldeidi e chetoni aromatici.

Le aldeidi aromatiche, come dice il nome, sono aldeidi il cui gruppo funzionale è legato direttamente ad un anello aromatico. Alcune di queste si trovano in natura libere o complessate, ma possono essere rilasciate per idrolisi. Molte (non tutte) aldeidi hanno un buon profumo e sono utilizzate in profumeria. Esempi sono la benzaldeide (che si riscontra anche nell’aroma di alcune birre come mandorla), la vaniglina, il piperonalio (odore floreale). Pur avendo punti di ebollizione alti (es. la benzaldeide circa 176°C, il piperonalio circa 260°C) le aldeidi si liberano (anche se in percentuale ridotta) quando si annusa la birra e contribuiscono non poco al profumo della bevanda. Per restare agli esempi citati, la benzaldeide si trova nell’amigdalina contenuta nei semi di mandorla amara e fornisce il caratteristico profumo. Della vaniglina è inutile parlare, il nome dice tutto (ma si trova anche nelle barbabietole). Il piperonalio è molto impiegato in profumeria con il nome di eliotropina, perchè ha un profumo simile a quello dei fiori di eliotropo (che il sottoscritto ignora completamente).

I chetoni: strutturalmente simili alle aldeidi, alcuni sono noti a tutti. Il primo esempio è quello dell’acetone (non è aromatico dal punto di vista chimico, lo dico prima che qualcuno lo scriva grosso cosi..). Il profumo dell’acetone (a chi piace) si trova nelle kriek. Chetoni aromatici che si trovano nelle birre più floreali possono essere il frombinone (profumo di fragola o lampone), il carvone (menta), il jasmone (gelsomino) ed il benzoino. Quest’ultimo si trova nella resina di una pianta del sud-est asiatico, è impiegato anche negli incensi da bruciare in casa (o al tempio se siete buddisti/shintoisti) e si trova in alcune birre di Natale (Stille Nacht).

Con ciò vi dò appuntamento alla prossima volta, dove in realtà volevo parlare di puzze. Ci penso un attimo. Mentre scatenate i vostri istinti di chimici volevo dirvi che recentemente, a Kyoto, ho saputo di un gruppo di ricerca portoghese che ha messo a punto una super-birra ricca in xantumolo. Un punto di orgoglio per Fermento Birra, che ne aveva profetizzato l’avvento. Vi terrò informati sugli sviluppi e, nel caso, me ne berrò una alla salute della mia prostata.