Greg Koch presenta in Italia il birrificio Stone Berlino
È stato davvero interessante incontrare Greg Koch, co-fondatore e manager di Stone Brewing: sembra un ex hippy che, sorridente, fa il turista per la città eterna. Non dà affatto l’idea di essere un personaggio importante, di qualcuno che gestisce un’azienda che conta 1.100 dipendenti totali, una produzione birraria di 400 mila hl annui, due ristoranti e un distributore nazionale (appassionati che vi deliziate con queste birre e poi gridate all’apostasia se un birrificio italiano fa 10.000 ettolitri, bollandolo come industriale, prendete nota!).
Stone ha spesso tracciato innovativi solchi stilistici, producendo birre che hanno da sempre affascinato i bevitori europei. Tutto nasce nel 1996, una storia lunga 20 anni fatta di difficoltà iniziali e di grandi successi, che porta Greg e Steve nel 2009 ad aprire un nuovo sito produttivo in Europa, a Berlino. Aprire un birrificio nella “patria” delle lager, rappresenta sicuramente una scommessa per Stone. La capitale tedesca è stata scelta dopo aver esaminato più di 130 siti in 9 paesi diversi. I locali sorgono in un’ex fabbrica di inizio Novecento, edificio straordinario per la sua connotazione storica e industriale. Come per la nuova sede in Virginia, anche Berlino ospiterà, oltre al nuovo birrificio, un “Bistrot & Gardens”, un ristorante immerso nel verde dove poter ordinare piatti ispirati alle culture di tutto il mondo ma realizzati con ingredienti locali. Le ricette delle birre, invece, non cambieranno: continueranno ad essere utilizzati luppoli americani e, com’è noto, in generosa quantità.
La settimana scorsa, il decimo birrificio artigianale più grande degli Stati Uniti, è sceso in Italia per presentare l’apertura della nuova sede produttiva. Milano e Roma sono state teatro di due appuntamenti di presentazione inseriti in un più ampio tour che ha toccato altri quattro paesi in Europa. Prima della conferenza stampa, riusciamo a fare con lui una breve chiacchierata:
Perché l’Italia è l’unico paese in Europa, esclusa ovviamente la Germania, dove avete deciso di fare due tappe di presentazione?
Perché nel 2000 sono venuto per la prima volta in Italia e me ne sono innamorato: ho molti amici e c’è un movimento birrario che, USA esclusi, è il più interessante a livello internazionale. E poi qui è nata Slow Food, con cui collaboriamo molto, e che ispira intensamente il nostro modo di produrre e fare impresa.
In che senso?
Da sempre crediamo che la birra, così come il cibo, non sia una commodity, un oggetto commerciale che viene giudicato in base alla moda e al prezzo, ma che invece sia una bevanda ricca di cultura che può regalare momenti di piacere. Per noi la birra artigianale è un prodotto di qualità, riconoscibile, fatto in maniera sostenibile, che favorisce la socialità: esattamente la filosofia Slow.
Insisti spesso sul tema della sostenibilità: come fa un birrificio, attività vorace di acqua, ad avere una linea green?
Ci vuole determinazione e ricerca. Dopo numerose analisi, simulazioni e calcoli siamo arrivati a decidere di utilizzare solo fusti e lattine per il sito di Berlino: un impianto all’avanguardia ci consentirà di risparmiare 1/3 dell’energia termica e 1/4 dell’acqua totale utilizzata. In più, c’è la scelta delle lattine in alluminio: perfette da stoccare, capaci di ben conservare la freschezza dei luppoli e riciclabili al 100%, con facilità maggiore rispetto al vetro.
Qual è la differenza più grande che hai notato tra il panorama birrario artigianale del tuo paese e il nostro?
Beh, una essenziale: noi siamo già in una fase matura del movimento. Pensiamo alle quote di mercato che possiede il settore craft: 20% in USA contro 3% in Italia. Vedo però originalità e qualità. E tutti queste persone che mi chiedono e vogliono sapere, davanti questo posto fantastico [eravamo all’entrata del Macche], forse il miglior pub d’Europa, venute per conoscere meglio un birrificio, mi fanno capire che c’è la passione e la competenza per crescere molto.