Ad ogni Dea dell’Olimpo la sua birra!
Se da 6.000 anni a questa parte decine e decine di divinità hanno protetto birre e birrai, messi e raccolti, preteso oboli e sacrifici, barili e perfino birrifici nelle tombe dei Re, allora, dico io, gli Dei bevono birra! E avranno pure i loro gusti, vi pare!? Ma facciamo un passo indietro e iniziamo da capo. Uno studio molto interessante di Jean S. Bolen sugli archetipi legati alle Dee greche mi ha fatto venire un’idea. Sono convinto da sempre che la birra sia una bevanda femminile, nel senso che racchiude in sé concetti antichi, ancestrali, come la fertilità, il legame con la terra, il mistero e la cura materna. E anche per il fatto che in molte civiltà il ruolo delle donne nella preparazione, nella benedizione o nella vendita della birra è stato prezioso. Così, partendo dagli assunti della Bolen ho provato a immaginare un rapporto tra le categorie delle Dee dell’Olimpo descritte dall’autrice e gli stili birrari. In altre parole insomma ogni Dea ha la sua birra, e siccome ciascuna divinità rappresenta una tipologia di donna, un carattere, una pratica di vita con le sue tendenze e inclinazioni, inutile dire c’è da divertirsi. Ovviamente qualcuno non si riconoscerà in queste “coppie” e storcerà il naso, ma in fondo il mio è un omaggio a due mondi meravigliosi di cui l’uomo saggio non può fare a meno: le donne, con tutto il loro infinito universo di sogni, e la birra artigianale, che di sogni e di passioni ne custodisce molti, almeno per noi amanti impenitenti.
Detto questo, una breve ma necessaria premessa: la maggior parte di noi ha studiato a scuola le Divinità e ne ha visto statue e dipinti. I Romani adoravano le stesse venerate dai Greci, pur chiamandole con nomi diversi. Gli abitanti dell’Olimpo possedevano qualità molto umane: atteggiamenti, reazioni emotive, sembianti e mitologia che li riguardano disegnano profili decisamente terreni. Fu Jung ad introdurre in psicologia il concetto di archetipo: gli archetipi sono modelli di comportamenti istintuali, contenuti nell’inconscio collettivo (quindi universali e non individuali, comuni a tutti pur in varie forme). Miti e favole sono espressioni di archetipi, e come molte immagini e tematiche dei sogni questo spiega in parte le analogie tra i miti di culture anche molto lontane fra loro.
Ma veniamo a noi. Prendiamo le Dee greche e dividiamole in tre gruppi. Il primo è quello delle Dee Vergini: Artemide, Dea della caccia e della luna; Atena, Dea della saggezza e dei mestieri; Estia, Dea del focolare. Artemide simboleggia la sorella e l’antagonista, Atena la stratega, Estia la custode della famiglia, del focolare domestico per l’appunto. Questa categoria era conosciuta già ai tempi dell’antica Grecia e, nel suo complesso, rappresenta l’autosufficienza e l’indipendenza.
Il secondo gruppo è quello delle Dee Vulnerabili e comprende Era, moglie di Zeus e protettrice del matrimonio, Demetra, Dea delle messi e madre, e Persefone, che rappresenta la figlia, la bambina e… la regina degli Inferi! Sono tutte figure dipendenti dalla presenza di un legame significativo, per loro natura inclini ad essere dominate dalle emozioni. Nel bene e nel male.
Il terzo gruppo è infine quello delle Dee Alchemiche, pensato in realtà dalla Bolen appositamente per Afrodite, più nota come Venere, Dea dell’amore e della bellezza. Nella mitologia greca Afrodite era una presenza che incuteva reverenza, perché provocava l’innamoramento e il concepimento di una nuova vita, ispirava la poesia e le parole persuasive, rappresentava il potere di trasformazione e di creazione dell’amore.
Come anticipato ce n’è davvero per tutti i gusti. Ma quale birra rappresenta meglio ciascuna Dea? Qual’è in grado di raccontare una donna? Più vado avanti a scrivere e più mi rendo conto che l’impresa è ardua, ma come si dice “the show must go on”, quindi proviamoci.
Partiamo dal primo gruppo. Artemide secondo me è una Biére de Garde: birre di caccia e confine, di terra e luna, a volte banali ed altre così vive da farti vedere le campagne alsaziane e i canali di Strasburgo al primo sorso. Ma potrebbe essere anche una Scotch Ale, che ne dite? La donna Artemide è presente, orgogliosa e indipendente pur vivendo l’amore. L’ho sentita nel cuore lungo i fiordi scozzesi quando confondi il sole coi riflessi di pioggia e scopri il mondo alla fine del mondo, senza capire appieno se è fuori o dentro di te. Atena è una Trappista o un(a) Barley Wine. Saggia e possente, elegante e identitaria, che sa bene chi è e che cosa vuole. Una stratega. Estia rassicura e protegge: una Golden Ale? La birra presente in tutti i pub inglesi, in due case su tre, semplice solo in apparenza.
Vediamo ora le Dee Vulnerabili. Era è senza dubbio una stout irlandese: familiare e tradizionale, sempre presente ad accompagnare i discorsi degli anziani dell’Isola Verde, almeno fino a qualche tempo fa. E, soprattutto, capace di perdonare chi la tradisce. Persefone è la figlia e la “bimba di mamma”: per me è un’APA o, azzardando, una belgian ale. Vuole piacere, cerca consensi, deriva da stili precedenti e talvolta li stravolge per soldi, per forza o per amore. Demetra? Amici miei, la Dea delle messi non può che essere una grandiosa Pilsner ceca o una Weizen da manuale. Li sentite i campi? Ne percepite forza e bellezza?
Ma è su Afrodite che servirebbe una notte intera per scrivere. Amore e potere. Unicità e desiderio. Afrodite è una lambic, difficile da conquistare ma impossibile da lasciare una volta avuta. È lei che sceglie, perché farsi scegliere è un peccato. È attraente pur sapendo che può far male. Sa di piacere, ma solo a chi ha imparato ad amarla. È uno scrigno senza chiave, il suo mistero la fa desiderare e molti pensano di possederla, ma oltre mito e peccato non la capiscono. Sì, Afrodite è decisamente una lambic. Vi sareste forse aspettati che pensassi a una birra facile e rotonda, ammiccante e modaiola, ma come potevo? Ve l’ho detto, non siamo noi a scegliere, abbiamo solo l’illusione di farlo. Sono le Dee a dirci chi siamo, quando riescono a farci comprendere chi sono.