Tra le etichette del nuovo corso del Birrificio degli Archi di Viareggio (Lucca), un ruolo speciale spetta alla Hop Rat, in quanto coproduzione tra il brewer di casa, Michele Menchini, e Marco Meneghin, suo omologo presso il marchio romano Stavio: una cotta a quattro mani che fa da apripista a un più ampio progetto di collaborazione tra i due impianti, un percorso dal quale l’intenzione è quella di far nascere almeno un altro paio di esperimenti. E se il buongiorno – come si dice – si vede dal mattino, ebbene, i primi passi sono senz’altro meritevoli d’attenzione: questa New Zealand Pale Ale si fa infatti sorseggiare con interesse, non solo per l’originalità di costruzione, ma anche per il profilo dei risultati organolettici. Ispirata – il rocker è una passione comune dei due autori – a Frank Zappa e al suo album Hot Rats (pubblicato nel 1969), nasce da una luppolatura in realtà poliglotta, a base di Pilgrim (inglese) in amaro, Saaz e Motueka (Boemia e Nuova zelanda rispettivamente) in late hopping e solo Motueka in dry hopping.
Ne esce una pinta dalla bella doratura squillante (con già un piedino nell’ambrato), dalle velature prudenti e dalla schiuma al contrario battagliera; ma soprattutto dotata di un’olfattività di sorprendente freschezza, in cui coabitano temi floreali (bosso e magnolia), maltati (crosta di pane), fruttati (melone giallo, ananas, pesca) e agrumati (limone, pompelmo). Passi al palato e, tanto era paffutello l’aroma, tanto è invece tesa la beva: una corda di violino, vibrante e asciutta (decisa l’attenuazione), lanciata verso un finale bitter nerboruto (45 le Ibu) ma mai arrogante. Disseta, piace e non disturba, grazie ai soli 5.4 gradi alcolici; etichetta ancora a firma del grafico Dario Frattaruolo.