Fare la birra con il kit: lievito secco, idratazione e inoculo
Una delle primissime variabili a disposizione di un birraio neofita consiste nella scelta del lievito. Considerando che ogni kit dello stesso tipo fornisce un mosto praticamente sempre uguale, la fermentazione diventa il momento adatto alle personalizzazioni più disparate. Sebbene il mio consiglio sia, soprattutto alle prime birre, cercare di fare fermentazioni tradizionali e il più pulite possibili, è da notare come molti homebrewers arrivino addirittura a fare inoculi di ceppi di lievito particolari, magari recuperati da bottiglie di birra commerciale oppure con lieviti e batteri inusuali come i lattici e gli acetici, tipici dei lambic di tradizione belga.
Il primo consiglio produttivo ‘tecnico’ che si da ad un neofita, è il consigliare immediatamente di non utilizzare la bustina di lievito secco in dotazione, ma acquistare fin da subito un lievito secco di maggiore qualità. Detto questo, non resta che chiederci: che cos’è il lievito, in particolare quello secco? Come ben sappiamo, il lievito è un organismo unicellulare, un fungo (o miceto), di forma ellittica, che si riproduce per gemmazione. E, siccome si trova estremamente a proprio agio nel nostro mosto, se trattato con le dovute cure, si riprodurrà alla grande regalando tutti quei profumi e aromi che noi amiamo.
Le diverse selezioni di lieviti sono chiamate ceppi. Ogni ceppo ha le sue caratteristiche che lo identificano, che possono essere tecnologiche, come la resistenza all’alcol o la velocità con la quale precipita a fine fermentazione, o organolettiche, per esempio la capacita di produrre aromi particolari, come gli esteri. Alcuni di questi ceppi, se opportunamente trattati, possono subire il processo di disidratazione che li trasforma per l’appunto in lieviti secchi disidratati. Sotto tale forma, sono meno soggetti agli sbalzi di temperature, resistono per lunghi periodi, e possono essere facilmente trasportabili. Tuttavia, necessitano di alcune accortezze in fase di preparazione, per portarli dallo stato di disidratazione a quello di attività nel mosto. Spesso le case produttrici consigliano di aggiungere direttamente nel mosto il lievito; tuttavia spesso ad una più accurata indagine suggeriscono prima di far riassorbire tutta l’acqua persa dal lievito, perché solamente una più appropriata reidratazione favorisce la migliore ripresa fermentativa e una minore perdita di cellule di lievito.
Si riempie un piccolo contenitore sanitizzato con acqua tiepida (massimo 30°C, ma anche temperatura ambiente va bene) nel quantitativo pari a 10 volte il peso del lievito (esempio: una bustina da 11 grammi di lievito si reidrata con 110 ml di acqua tiepida). Si spolvera quindi il lievito secco sulla superficie dell’acqua, si copre con carta stagnola e si lascia il tutto in pace per 10 minuti circa. Dopodiché si agita il contenitore fino a quando il lievito non si è mescolato completamente all’acqua, formando una crema. Si attendono altri 15 minuti e si versa il tutto nel mosto. Non utilizzare acqua con zucchero o mosto, altrimenti si vanificherebbe il processo di reidratazione. Se invece si versa il lievito direttamente sul mosto è consigliabile aumentare di un 30% la dose per sopperire alle cellule di lievito che moriranno per lo shock osmotico. In molti sostengono che non ci sia differenza a livello organolettico tra birre fermentate con lievito reidratato o spolverato direttamente sul mosto. Scegliete la modalità che preferite tra le due, provate e verificate di persona. Una volta inoculato il lievito chiudete il fermentatore, posizionate il gorgogliatore sul coperchio e aspettate. Il gorgogliatore può essere riempito con acqua prelevata da una bottiglia ancora sigillata, ma è consigliabile utilizzare un superalcolico di poco valore (ad esempio vodka o grappa) per inibire la crescita di organismi contaminanti.
Ricapitolando i passi da seguire per una idratazione del lievito sono pochi e semplici:
- Versare lentamente ed in modo regolare il lievito in una quantità di acqua di circa 10 volte il peso dello stesso. L’acqua dovrà essere tiepida, non oltre i 30°C
- lasciare riposare il lievito per circa 15 minuti, quindi mescolare lentamente.
- attendere altri 5-10 minuti, mescolare e quindi aggiungere al mosto da inoculare
Ora che sappiamo maneggiare i nostri lieviti, non dobbiamo fare altro che scegliere quello che fa il caso nostro! Il lievito in dotazione nel kit (la bustina anonima sotto il coperchietto di plastica della latta), generalmente, non è di ottima qualità, non se ne conosce l’origine, ne la data di confezionamento, ne le caratteristiche fermentative. Per tutti questi motivi, è solitamente consigliabile utilizzare fin da subito un lievito secco selezionato di qualità superiore. Sulla rete troverete un sacco di produttori diversi, come Fermentis, Lallemand e via dicendo. Sono tutte ottime scelte: ovviamente, noi preferiremo dapprima quelli selezionati per uso birrario ma, perché no, spaziando anche in campo enologico, o addirittura in quello di produzione distillati! I Fermentis sono senz’altro la scelta più comoda al neofita, con il sempre adatto safale S-04, la selezione americana US-05 o ancora il ceppo S-23 adatto alle basse fermentazioni.
Le caratteristiche indicate aiutano la scelta, infatti, come indicato sul sito della fermentis o su quello dei principali rivenditori italiani, l’S-04 e adatto per le birre inglesi, l’S-33 per le birre belghe di frumento come le blanche e le saison, e via dicendo. È interessante comunque sperimentare accoppiate un po’ più audaci, come l’US-05 per una Triple, o ancora provare a fermentare a temperature al di fuori dei range indicati (interessante utilizzare l’S-33 a temperature intorno ai 25-26°C). Ovviamente come sempre, solo l’esperienza aiuterà il birraio nella propria scelta, e soprattutto all’inizio, l’esperienza ne guadagnerà se le linee generali saranno seguite, imparando a portare a termine fermentazioni pulite e birre stilisticamente inappuntabili!