American Brown Ale: storia e caratteristiche
Allacciarsi le cinture e tenersi pronti al decollo: la pista degli approfondimenti sugli stili birrari ci porta a volare idealmente verso gli Stati Uniti per andare a rintracciare origini e fisionomia di uno dei generi che popolano il panorama degli stili battenti la bandiera a stelle e strisce: quello delle American Brown Ales.
Si tratta, per cominciare, di una variazione parziale operata sul profilo del preesistente modello britannico delle Brown Ales. Una variazione consistente, in sostanza (così come per molte tra le tipologie made in Usa delle generazioni contemporanee), nella sostituzione dei luppoli tradizionali del Regno Unito con le varietà caratteristiche delle terre dello Zio Sam. Nei tini finiscono dunque le varietà moderne, chiaramente, quelle messe a disposizione grazie al lavoro dei laboratori agronomici d’oltreoceano a partire dai primi anni Settanta del Novecento; sebbene peraltro il disciplinare non ponga veti sull’impiego di cultivar del Vecchio Continente né di altri, come quello oceanico.
Ecco, a varare la prima versione yankee del canovaccio british è stato, in Texas, nella metà ascendente degli anni Ottanta, un (allora) homebrewer, Pete Slosberg, futuro cofondatore (nel 1986, insieme al socio Mark Bronder) della Pete’s Brewing Company di San Antonio, poi acquisita, nel 1998, dalla concittadina Gambrinus per essere definitivamente chiusa nel 2011. Ma al di là delle vicende della compagnia, è sotto le insegne di questo marchio artigianale che la American Brown Ale debutta ufficialmente sulla scena, con l’etichetta della Pete’s Wicked Ale: la quale, perciò, è considerabile come la capostipite della nuova denominazione brassicola.
Una denominazione che – considerano sia la sua percezione comune, sia le indicazioni contenute nelle Styles Guidelines del Bjcp (Beer Judge Certification Program) – presenta caratteristiche da poter riassumere come facciamo di seguito.
Colore bruno da chiaro a molto scuro, aspetto da pulito a misuratamente velato
Schiuma da avorio a beige
Aromi prevalentemente tostati – biscotto, calotta di dolce da forno, frutta secca (nocciola e noce in specie), cioccolato tocchi di caramello – con, in posizione gregaria, sia le tematiche fruttate da lievito (mela matura, susina, fichi) sia quelle di matrice luppolata (tra le quali più riconoscibili sono le agrumature e le resinosità da varietà statunitensi)
Corpo medio-robusto, su una carbonazione tra moderata a moderatamente vivace
Condotta palatale di avvio abboccato e di prosecuzione più asciutta
Amaro medio o medio-alto (con IBU tra 20 e 30).
Range alcolico oscillante tra i 4.3 e 6.2 gradi (l’archetipo inglese svaria tra i 4.2 e i 5.4)
Possibilità di utilizzare ingredienti speciali ricalcanti il binario tostato-torrefatto, quali frutta secca e caffè.