La birra in Repubblica Ceca
Con una produzione annua non inondante (20 milioni di ettolitri), ma con un consumo pro capite che (con 143 litri sul ciclo dei 1 mesi) è ancora il più elevato in assoluto, la Repubblica Ceca rappresenta senza ombra di dubbio, nel settore birra, uno dei Paesi di riferimento a livello mondiale. Ma il ruolo le spetta anche per il rilievo avuto nella storia della nostra bevanda, non fosse altro per aver dato i natali allo stile, la Pilsen, che, ha contribuito a rivoluzionare i costumi dei consumatori e a indirizzare lo sviluppo del settore verso gli assetti (ad esempio un netto predominio, a livello dimensionale, della bassa fermentazione) che abbiamo ben presenti ai giorni nostri.
Di seguito tracceremo una pur sintetica mappatura del panorama che si presenta al visitatore in arrivo sul suolo della Repubblica Ceca, meta legittimamente tra le più gettonate nella hit parade degli appassionati e vero Bengodi per i devoti al culto delle basse fermentazioni. Ecco, primo punto da focalizzare, il fatto che questo quadrante geografico non è solo e soltanto un feudo Lager. Il movimento artigianale attivo nel Paese ha spostato, e sposta, il baricentro dell’attenzione (da parte di consumatori e produttori) in primo luogo verso tipologie del campo Ales di varia provenienza geografica e temporale: belghe come tedesche (non infrequenti le esecuzioni aventi a modello Alt e Kölsch) e, soprattutto, ispirate al mainstream americano o nuovomondista in generale; ma, in seconda battuta, produce un rinnovato interesse anche verso stili di ascendenza rigorosamente autoctona, come le Pšeničné Pivo (o Pšeničné Kvasnicove), contraltare indigeno delle tedesche Weizenbier (o, rispettivamente, Hefeweizenbier).
Tuttavia, lo zoccolo duro della tradizione birraria nazionale è indubbiamente costituito dalla piattaforma delle bottom fermented. Ecco, in questo perimetro poco occorre specificare a proposito delle Baltic Porter, note con questa stessa designazione in tutti i repertori di categorizzazione internazionali; mentre alcune sottolineature risultano indispensabili già a proposito della Pils: della, sì, al singolare, perché, nel Paese di San Venceslao, l’appellativo (tal quale o con la traduzione locale di Plzeňské pivo) è riservato (almeno in linea teorica: la pratica è assai più fluida) in esclusiva alla matriarca della genealogia, la Pilsner Urquell; mentre le etichette epigone (quelle in genere indicate come Bohemian Pils e catalogate nelle Styles Guidelines del Bjcp come Czech Premium Pale Lager, 4.2-5.8% in alcol) sono, o dovrebbero, andare sotto la designazione di Plzeňského typu pivo. Tra esse, poi, un sottoinsieme a sé è rappresentato dalle Kvasnicové (al lievito, cioè), così battezzate perché rifermentate, dopo la primaria, mediante aggiunta, di fermenti puri o, più spesso, di mosto fresco, trattamento che ne rende l’aspetto di norma diffusamente velato.
Ciò detto, andiamo ad affrontare (e qui viene il bello) il mare magnum di tulle le altre Lager presenti su questo scacchiere mitteleuropeo che da Praga si estende verso i confini con Germania, Polonia, Slovacchia e Austria. Il criterio di inquadramento di tale vasto fronte (i riferimenti, nel Bjcp, sono quelli delle Czech Pale, Amber e Dark Lager) si basa su una duplice ottica di suddivisione: per gradazione e per colore. Partendo dal secondo aspetto, abbiamo birre recanti la diciture di Světlé (chiare), Polotmavé (ambrate) e Tmavé o Černé (scure); quanto alla ripartizione in base al contenuto zuccherino (e quindi, in potenza, alcolico), si traduce in una stratificazione che distingue quattro fasce in ordine al valore del mosto sulla scala Plato: Lehké (cioè Light) al di sotto degli 8°P); Výčepní (tra 8 e 11°P); Ležák (tra 11 e 13°P); Speciální (oltre i 13°P).
In questo sistema di inventariazione, s’inserisce poi, trasversalmente la definizione di Nefiltrované pivo ovvero la birra non filtrata: da non confondere con la già citata fattispecie delle Kvasnicové: queste ultime, come detto, rifementate, a differenza delle prime che, semplicemente, vengono avviate al confezionamento e alla somministrazione in assenza di procedimenti di illimpidimento.