Bock: storia e caratteristiche

Bock, ovvero ariete, montone: un’immagine che, senza dubbio, evoca l’idea di impeto, di vigore, di energia; ma che non ha una relazione propriamente diretta con la designazione dello stile. La sua storia ha infatti origini che la tradizione rimanda alla seconda metà del Trecento e alla cittadina di Einbeck (30mila abitanti, nella regione della Bassa Sassonia); la cui locale comunità di birrificatori (700 i licenziatari già nel XIV secolo) sembra avesse già allora codificato la ricetta-base di questa tipologia. Tipologia che, ai suoi albori, venne battezzata con il genitivo geografico derivato della stessa città di nascita, Einbecker. Esportati prima in Olanda e nel Baltico, i suoi barili, nel Cinquecento approdano anche in Baviera, avviandovi un fortunato canale di distribuzione. Tanto che all’inizio del Seicento, uno dei braumeister sassoni viene chiamato proprio a Monaco, a preparare direttamente lì la famosa Ainpöckischer (ovvero di Einbeck). Un aggettivo sostantivato che, nella pronuncia locale, viene gradualmente modificato prima in Oanpock, poi appunto in Bock. Dal punto di vista dell’identikit sensoriale, occorre distinguerne gli aspetti specifici individuando alcune sottocategorie.
Dunkel Bock
Indicata anche come Tradition Bock è, in effetti, l’erede diretta del percorso storico che abbiamo appena sintetizzato. Il colore va dal ramato chiaro al bruno; gli aromi parlano di panificato (anche dolce) a lunga cottura, con toni di lieve caramello, biscotto e miele scuro; il gusto (nel contesto di un sorso dal corpo di media robustezza e discreta avvolgenza) è abboccato e bilanciato dai confermati temi tostati. Gradazione alcolica dal 6.3 al 7,2%. Esempi rappresentativi: la matriarca Ur-Bock Dunkel (Einbecker).
Helles Bock
Denominazione cromatica in alternativa alla quale viene comunemente utilizzata anche quella di Maibock, sebbene alcuni osservatori sostengano che questo secondo appellativo indichi, genericamente, una Bock preparata per celebrare qualche festa, spingendosi al massimo possibile del colore (si va dal dorato carico all’ambra tenue) e del tenore luppolato (23-35 Ibu). Tipici, gli aromi attingono all’area del panificato dolce a breve cottura, al miele chiaro, al floreale (camomilla) da luppolo; mentre il gusto, di portante abboccata e di media struttura corporea, trova il suo elemento equilibrante in una moderata vena amaricante essa stessa da luppolo. Identica a quella della sorella scura la manovrabilità alcolica, dal 6.3 al 7,2%. esponenti della categoria: Mönchsambacher Weihnachtsbock (Brauerei Zehendner).
Doppelbock
Scalando ulteriormente le altimetrie del grado alcolico, oltre le quote appropriate per le Bock troviamo le loro versioni maggiorate, battezzate Doppelbock. Anche la loro è una storia avvincente, a metà tra realtà e mito. L’origine della ricetta rimanda all’ambiente religioso, per l’esattezza al convento di Neudeck ob der Au, a Monaco, dove viveva – dal 1627 – una collettività di frati appartenenti all’ordine dei Minimi, detti in tedesco paolani, appellativo dovuto al nome della città d’origine del fondatore dell’ordine stesso, San Francesco di Paola (in Calabria). Nel loro sito in terra tedesca, i consacrati avevano avviato, alquanto rapidamente, la loro propria produzione brassicola: nel 1630, nel 1651 o nel 1670, stando alle fonti disponibili, tra loro non concordi. Al di là dell’incerta datazione relativa all’attivazione dell’impianto (sul “tronco” del quale, dopo lo scioglimento della fraternità monacense sarebbe nata, nel 1806, quella che oggi è la moderna compagnia Paulaner), quel che conta è l’allineamento del suo calendario delle lavorazioni alle consuetudini consolidatesi appunto all’interno delle comunità di chierici regolari. Tra esse, quella di preparare birre particolarmente sostanziose (detti pani liquidi) da consumare durante i periodi di digiuno (l’obbligo di astinenza dal cibo riguardava infatti i soli nutrimenti solidi): e in particolare durante le lunghe settimane della Quaresima, ovvero i quanta giorni contati dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo (quello precedente la domenica di Pasqua).
E qui si entra nel vivo, relativamente all’alba delle Doppelbock, Si narra infatti che – avendo avuto i paolani di Monaco qualche dubbio circa la liceità di scolarsi in Quaresima dei boccali a tutti gli effetti di gran prelibatezza (sai la punizione…) – si fossero decisi a far assaggiare una di quelle cotte speciali nientemeno che al Papa, così da averne la legittimazione o da riceverne un divieto: o la va o la spacca, insomma. Ecco, dopo aver spedito la loro “botte del giudizio” verso Roma, il caso volle che, durante il trasporto, il carico – sottoposto a scuotimenti e sbalzi termici – arrivasse in Vaticano inacidito: tanto che, alla prova del sorseggio pontificio, risultasse effettivamente una bevuta a pieno titolo penitenziale. Ergo, il Santo Padre decretò il suo imprimatur, apponendo il sigillo ufficiale sulla nascita di uno specifico stile birrario. Vera o meno questa narrazione, tornando alle vicende effettivamente accadute, altro elemento non precisamente definito è il momento, o il periodo, in corrispondenza del quale quella produzione quaresimale raggiunse le gradazioni alcoliche oggi proprie delle Doppelbock. Probabilmente il contenuto etilico andò aumentando, fino a quando, essendosi attestata su valori di decisa importanza, ricevette un nome d’arte, quello di Salvator, in quanto degna di essere associata a Nostro Signore Gesù Cristo, salvatore del mondo. E in virtù di tale battesimo impartito – probabilmente verso la fine del Settecento – alla capostipite della tipologia, dopo di essa sono stati in molti i produttori che, per la loro “Lager ammiraglia”, hanno scelto un nome commerciale caratterizzato dal suffisso –ator, inaugurando una consuetudine che dura ancor’oggi. E veniamo alla carta d’identità sensoriale. Colore dal dorato intenso al bruno intenso; olfatto che esalta la carica dolce del malto e della vigoria etilica (la gradazione va dal 7 al 10%), con l’eventualità delle sfumature tostate e biscottate (comprese digressioni su sentieri fruttato-disidratati e torrefatti: cioccolato,l ad esempio) nelle edizioni più scure; gusto corrispondente all’aroma, dunque decisamente abboccato (caramello, frutta secca), talvolta bilanciato da un lieve apporto di luppolo. Tra i riferimenti da considerare, Andechser Doppelbock Dunkel (Klosterbrauerei Andechs).
Eisbock
Discorso a parte meritano le Eisbock, tipiche del circondario di Kulmbach (regione dell’Alta Franconia, in Baviera) dove il prefisso Eis (che significa ghiaccio) indica l’uso di una particolare procedura di refrigerazione. Il punto di partenza è una Doppelbock (di cui la Eis può considerarsi una gemmazione). Dopo la fermentazione, una parte dell’acqua (rispetto alla quale l’alcol congela a temperature più basse) viene estratta per raffreddamento, così da rendere il prodotto più concentrato e di maggior gradazione (si va dal 9 al 14%). Il colore varia tra ramato intenso e il bruno profondo; gli aromi oscillano fra il maltato e il liquoroso, con spunti di sciroppo e frutta sotto spirito; il palato è denso, solitamente dolce con suggestioni speziate (liquirizia) o fruttate (sul calco del naso).