Birrificio Poretti

Una fonte “miracolosa”, due famiglie (Poretti e Bassetti) e una multinazionale: sono gli “attori” principali di questa storia, che parla di uno di quei birrifici che hanno fatto la storia della birra in Italia. Un birrificio che adesso è di piena proprietà della danese Carlsberg, ma il cui inizio affonda le radici in quello che adesso si è soliti chiamare “terroir”. Siamo ad Induno Olona (vicino Varese, ai confini della Valganna), da sempre sede storica del Birrificio Poretti, nato accanto alla “famosa” Fontana degli ammalati. E’ qui che Angelo Poretti, nel 1876, decide di dare forma alla propria scommessa: fare birra, come aveva visto fare in Baviera e in Boemia, dove aveva a lungo soggiornato.

Nato nel 1829 a Vedano Olona, Angelo Poretti decide di lasciare, ancora giovane, la provincia varesina, e va a lavorare in Austria, Germania e Boemia: inizialmente lavora come semplice manovale, poi come operaio e infine come appaltatore di alcune linee ferroviarie. Dopo tanti anni passati all’estero decide di tornare in Italia, e lo fa portando con sé due importanti persone, e un’idea: arriva a Induno Olona con la moglie, la boema Franziska Peterzilka, un mastro birraio, Emanuel Anger di Pilsen, e l’idea di produrre in proprio e in Italia la birra, quella buona, come l’aveva vista fare a Pilsen. A Induno acquista, nel 1876, un’area di 25.000 mq e rileva l’ormai dismessa Amideria del Dones, che trasforma in birrificio: fa arrivare dall’estero macchinari, birraio e materie prime, compreso lo speciale luppolo boemo. Tutte meno una, però: la più importante materia prima, l’acqua, Angelo se la mette in casa. Assieme alla fabbrica infatti perfeziona l’acquisto della sorgente detta “fontana degli ammalati”, a due passi dalla fabbrica, all’imbocco della Valganna. Acqua purissima, bevuta da intere generazioni di varesini, assieme a molti milanesi, che si spingevano fin lì richiamati dalla fama di questa acqua “speciale”.

Il 26 dicembre 1877 viene prodotta la prima cotta della prima pilsner tutta italiana, che comincia a mietere fin da subito un importante successo di vendite, consolidato dal vero e proprio exploit che birra e birrificio ottennero a Milano nel 1881, l’anno dell’Esposizione Universale. Successo che portò Angelo Poretti, oltre ad essere un imprenditore di successo, a diventare anche nel 1884 presidente del Comitato Permanente dell’Associazione dei Birrai. Alla sua morte (20 ottobre 1901) la fabbrica era già ben avviata, con i grandi depositi interni per il ghiaccio che proveniva dai vicini laghetti di Ganna e Ghirla e una moderna, per quei tempi, catena produttiva. Moderna, ma non più sufficiente a reggere il ritmo della crescente domanda. I suoi eredi (i nipoti Angelo e Tranquillo Magnani, Francesco Bianchi ed Edoardo Chiesa) incaricarono lo studio di architetti tedeschi Bihl e Woltz di rinnovare e ampliare l’intero impianto produttivo; il tutto fu portato a compimento fra gli anni 1905 e 1912, in puro stile Jugendstil, un perfetto connubio fra tecnologia industriale ed arte, che fa ancora oggi del Birrificio Poretti un paradigmatico esempio di archeologia industriale.

Nel 1922 la Poretti diventa una Società Anonima, per attirare nuovi capitali, necessari per un ulteriore ampliamento del complesso produttivo, realizzato da Alfred e Richard Bihl, i figli del primo progettista. La crisi mondiale del ’29 e i successivi, turbolenti momenti, mettono però in ginocchio l’azienda che, nel 1939, quasi sull’orlo della chiusura, viene salvata dalla famiglia gallaratese dei conti Bassetti (il terzo protagonista di questa storia), già proprietaria del birrificio Spluga di Chiavenna, che la acquisisce. Il rilancio dell’attività del birrificio varesino inizia dall’immediato dopoguerra, con l’incorporazione (nel 1950) del birrificio Spluga di Valchiavenna, da cui eredita il marchio Splügen, per una produzione che toccherà ben presto i 500.000 hl di birra e vedrà impiegati ben 200 operai. Dopo aver acquisito, nel 1973, la birreria Henmed di Ceccano (nel frusinate), quella che produceva la birra Skol, la Poretti (Bassetti) viene nuovamente messa in ginocchio dalla crisi petrolifera del 1973, e dal conseguente rialzo del costo delle principali voci di costo.

A questo punto entra in scena il quarto attore protagonista di questa storia, la Carlsberg (che allora si chiamava ancora United Breweries Copenhagen). Nel 1975 infatti la famiglia Bassetti sigla un primo accordo con i danesi per la produzione e la commercializzazione dei marchi Tuborg e Carlsberg in Italia; il primo passo di un radicale processo di trasformazione del birrificio che si dota, fra l’altro, di una nuova sala di cottura (che sostituisce quella del 1908). Carlsberg diventa progressivamente il protagonista principale di questa storia: nel 1982 la famiglia Bassetti cede il 50% delle proprie azioni al gruppo danese, e un ulteriore 25% nel 1998, anno in cui il nome dell’azienda stessa si trasforma da Industrie Poretti a Carlsberg Italia. Nel 2002 la multinazionale danese acquista il restante 25% del capitale sociale, ottenendone la piena proprietà.

Finisce in quell’anno la storia industriale di due famiglie e inizia, a pieno regime, la cronaca di un modo più “moderno” di fare birra, che cerca di coniugare produzione di qualità e attenzione all’economia di scala attraverso una razionalizzazione strategica di tutto il sistema produttivo. Una nuovissima sala cottura viene installata nello stabilimento di Induno nel 2008, la produzione è tutta concentrata nello stabilimento varesino e una nuova, vivace strategia di marketing ripropone con forza i marchi storici del birrificio sul mercato. Che, essendo, “sovrano”, darà la risposta definitiva sul rinnovato progetto produttivo lombardo/danese.

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