Il luppolo e i suoi principali composti

Il luppolo rappresenta il lato amaro e in parte quello aromatico che si contrappone a quello maltato. Se detta così questa sembra una banalità disarmante, non lo era fino a qualche secolo fa, quando per amaricare e dare aromi alle birre si utilizzavano diverse erbe. Oggi non potremmo più farne a meno. Anzi, la ricerca di varietà sempre più nuove e sperimentali è quella che guida anche tendenze e produzioni, portando con sè un ventaglio di tecniche e metodi di luppolatura in costante aggiornamento.

Storia, pianta, coltivazione
Pare che il luppolo non venisse utilizzato come ingrediente consueto nella birra fino al XVI secolo, nonostante la suora Hildegard von Binden avesse già esplorato, quattro secoli prima, le proprietà straordinarie di questa infiorescenza nel suo libro “Physica”. A posteriori, sembra strano che un tale ingrediente, dotato di numerose caratteristiche magicamente compatibili con quelle degli altri ingredienti e del processo di produzione, sia rimasto per tanto tempo ignoto o forse ignorato. La pianta del luppolo, dal nome scientifico Humulus Lupulus, è un rampicante che fa parte della famiglia delle cannabinacee e può arrivare fino a 6-7 metri di altezza. La parte del luppolo che interessa chi produce birra è l’infiorescenza della pianta femminile: quando le piante raggiungono i mesi a cavallo tra fine estate ed inizio autunno, questi fiori o “coni” diventano ricchissimi di sostanza aromatiche contenute negli oli essenziali e nelle resine presenti nella trama vegetale e soprattutto tra la luppolina, che non è altro che il polline di questo fiore di colore verde. Quando i coni raggiungono una consistenza paragonabile a quella di una carta velina, si avvia la raccolta attraverso la recisione dei tralci interi. Successivamente, una volta portate le piante nello stabilimento di lavorazione, avviene la separazione dei coni, che subiscono nelle successive 24 ore un processo di essiccazione. La rimozione dell’umidità dal cono fa concentrare resine ed oli. Segue la fase di confezionamento, spesso in ambiente sottovuoto, e quindi la conservazione finale a temperature di molto inferiori allo zero. Responsabili delle caratteristiche organolettiche del luppolo sono essenzialmente l’insieme delle resine e quello degli oli essenziali.

Resine
Sostanzialmente le resine presenti nel luppolo vengono distinte in due gruppi e dette resine dure e resine morbide. Mentre le resine dure costituiscono una piccola percentuale sul totale delle resine presenti (si parla di un valore attorno al 10%, quota che via via diminuisce con il passare del tempo e con la trasformazione da luppolo fresco a essiccato) sono le resine morbide ad avere un ruolo cruciale nelle dinamiche di interazione del luppolo con il mosto.

Alfa acidi
L’amaricatura conferita dal luppolo alla birra è dovuta essenzialmente ai processi di trasformazione di questi composti, tra cui i principali sono:

  • umulone
  • coumulone
  • adumulone

Nel processo di bollitura, contestualmente al quale si opera la luppolatura attraverso una o più gettate di luppolo, avviene una isomerizzazione di questi composti. Le elevate temperature innescano un cambio di configurazione nella molecola senza che ne vari la composizione. Questo processo trasforma gli α-acidi in iso-α-acidi, rendendoli molto più solubili nel mosto e aumentandone significativamente il potenziale amaricante. Questo è il motivo per cui il fattore più caratterizzante (ma non l’unico!) di ogni luppolo, descritto in schede tecniche o etichette, è proprio il contenuto percentuale di α-acidi (%AA o AAU, α-acidi units). Dalla percentuale di α-acidi e dal tempo di bollitura si può quindi stimare l’amaro conferito alla birra che si misura in IBU (International Bitterness Units)). L’iso-coumulone è tra gli α-acidi quello che risulta più solubile (per composizione chimica). Per questa sua caratteristica è da molti ritenuto responsabile di un amaro più pungente e penetrante rispetto agli altri iso-α-acidi. Per questa ragione su molte confezioni di luppolo il contenuto di coumulone viene espressamente indicato.

Beta acidi
Meno decisivi nei processi di amaricatura sono i β-acidi. Se gli α-acidi nel tempo  tendono a ossidarsi perdendo il potenziale amaricante, i β acidi seguono un percorso inverso, ovvero aumentano il loro potere amaricante con il passare del tempo. Hanno complessivamente un potenziale amaricante nettamente inferiore rispetto agli α-acidi e vengono solo parzialmente isomerizzati durante la bollitura, ragion per cui non vengono solitamente presi in considerazione nel calcolo degli IBU.

I principali β-acidi sono:
lupulone
colupulone
adlupulone

Solitamente vengono considerati in gruppo, evidenziando il rapporto tra α-acidi e β-acidi totali.

Oli essenziali

Mentre le resine sono responsabili del contributo in termini di amaro, gli oli essenziali essenziali sono i veri protagonisti quando si parla di aromi derivanti dal luppolo. La loro percentuale in peso è molto bassa (può variare tra lo 0,5% e il 3,0%) ma in queste piccole quantità è racchiusa una varietà di centinaia di composti aromatici differenti (c’è chi parla di 200, chi di 500, mentre altre fonti arrivano addirittura a individuarne oltre oltre 1000). Nonostante i composti davvero determinanti sarebbero solo qualche decina, è l’interazione tra le centinaia di sostanze differenti che conferisce le tantissime sfumature aromatiche che producono i variegati profili aromatici che siamo abituati a trovare nelle birre luppolate.

Olii essenziali Aroma
Mircene resinoso, vegetale
Umulene erbaceo, legnoso, speziato
Cariofillene speziato, cedro, lime, floreale
Farnesene legnoso, agrumato, dolce
β-Damascenone miele, frutti rossi, uva fragola
β-Ionone lampone, viola
Linalolo lavanda
Garianolo rosa, geranio, calendula
Nerolo glicine
Citronellolo agrumato, limone, citronella
Terpineolo fruttato
Umelenolo speziato, ananas, cedro
Umulolo speziato, paglia
4-mercapto-4-metilpentan-2-one uva a bacca bianca, ribes nero, cipolla

Gli oli essenziali possono essere suddivisi in tre principali categorie.

Idrocarburi
Queste sostanze costituiscono fino al 75% degli oli essenziali nel luppolo fresco. Si tratta essenzialmente di composti della famiglia dei terpeni (monoterpeni, sesquiterpeni e diterpeni). Parliamo, quindi, di composti altamente volatili che in buona parte si perdono durante la bollitura. Per questa ragione le gettate aromatiche si concentrano nell’ultima mezz’ora di bollitura e in particolare nei minuti finali (late hopping), durante la fase di raffreddamento del mosto (hop stand o whirpool hopping) o direttamente nel fermentatore (dry hopping o luppolatura a freddo). I principali idrocarburi sono umulene e mircene.

Idrocarburi ossigenati
Fanno parte di questo gruppo quasi il 25% degli oli essenziali del luppolo. Si tratta sempre di composti della famiglia dei terpeni ma in questo caso sono ossigenati. Tra questi troviamo epossidi, alcoli, aldeidi, chetoni, acidi e esteri  e si sta cominciando a ritenere che siano questi ancor più importanti degli idrocarburi primari. Tra i vari, uno dei principali idrocarburi ossigenati è il geraniolo.

Idrocarburi contenenti zolfo
Nel processo di produzione della birra i composti dello zolfo (noti anche come solfuri) possono crearsi come sottoprodotti della fermentazione oppure venire dal malto o anche dal luppolo. Quando provengono dal luppolo, seppur scarsamente rilevabili, si manifestano con aromi sgradevoli di cipolle, verdure cotte e gomma (non sempre, perchè in base agli aromi questo contributo vira su composti che richiamano uve o frutti a bacca bianca). Possono essere conseguenza di due meccanismi: effetto “light struck” che agisce sulle resine oppure una infezione da funghi precedente alla raccolta del luppolo. Questi composti si degradano durante la bollitura del mosto, per cui possono manifestarsi solo in aggiunte di luppolo a fine bollitura o durante il dry hopping.

Altri composti
Mentre oli (0,5%-3,0%) e resine (15%-20%) costituiscono la maggior parte del materiale a noi utile presente nel luppolo, ci sono una serie di altre sostanze costituenti la parte restante. La maggior parte è costituita da cellulosa, lignina e materiale vegetale, che insieme occupa quasi il 40% del totale (attenendoci ai classici formati in coni, plugs e pellet). Non è da meno neppure la quota di proteine, con circa il 15%, e di acqua, al 10%. Il resto è un mosaico di piccoli composti, tra cui spiccano anche tannini e monosaccaridi. Insomma, non solo oli e resine.