Fare la birra in casa: il malto e gli altri cereali fermentabili

Cerchiamo di uscire subito dall’ambiguità che porta a pensare che malto sia proprio un tipo di cereale invece che il processo di trasformazione di un cereale. Si perde nella notte dei tempi (si parla di ben 12.000 anni fa) l’inizio della coltura stanziale dell’orzo e del frumento per panificazione e produzione di fermentati, e con esso anche il processo di maltazione. Mentre il frumento è stato coltivato e selezionato sempre più per sfruttare al meglio le sue caratteristiche per la panificazione, nel tempo, è l’orzo quello che si è dimostrato il più adatto alla produzione di birra. In riferimento a questo, esistono diverse varietà di orzo, ma per la produzione di birra se ne considerano tre varietà, ovvero distico, tetrastico ed esastico. Ogni spiga è formata da un serie di nodi, ciascuno dei quali sostiene sei fiori, che producono chicchi. Il rapporto tra nodi e fiori determina le varie tipologie: parliamo di distico se vengono fatti sviluppare due fiori per ottenere due chicchi, ed analogamente avviene per tetrastico ed esastico. Mentre il malto distico ha chicchi più grandi ed una maggior resa, generalmente quello esastico ha chicchi più piccoli ma più ricchi in proteine.

Maltazione

Il processo di maltazione dell’orzo inizia con l’immersione dei chicchi in acqua, fino all’assorbimento di questa per circa il 50% del suo peso o finché non compaiono le radichette, ovvero delle rudimentali radici. L’orzo allora viene scolato e trasferito in una sala di germinazione, dove viene tenuto ad un’umidità controllata mentre viene costantemente rivoltato per assicurare che la temperatura di questo letto di cereale rimanga sempre la stessa. Questo cosiddetto “malto verde” ottenuto dopo la germinazione viene poi trasferito in un forno essiccatore dove viene delicatamente privato dell’umidità fino ad un valore del 4% a temperature comprese tra 50-70 °C, ottenendo il cosiddetto malto lager.

Quello che in generale accade, quindi, è permettere ad ogni chicco di orzo di germinare parzialmente, rendendo disponibile il suo contenuto per la generazione dell’acrospira. Durante la germinazione vengono rilasciati gli enzimi contenuti nel chicco, i quali rompono le proteine contenute nella parte più interna del chicco e liberano le riserve di amidi.

Quando sentiamo parlare di grado di modificazione del malto si intende, quindi, il grado di decompressione e liberazione degli amidi da parte degli enzimi. Uno degli indicatori di questo parametro è la lunghezza dell’acrospira (un malto completamente modificato ha un’acrospira lunga il 75-100% della lunghezza del chicco). Chi opera in una malteria misura questa lunghezza ed altri parametri di durezza e, quando valuta corretto il rapporto tra energie consumate dall’acrospira ed energie liberate, interrompe il processo di sviluppo del chicco attraverso un’asciugatura nel forno di essiccazione (kiln), dopo il quale vengono privati delle radichette. Questa essiccazione distrugge molti enzimi ma ne lascia intatti altri, compresi quelli che torneranno poi utili nella fase di ammostamento per trasformare quegli amidi in zuccheri più semplici.


Malti base

Un malto base può essere prodotto a partire da orzo, frumento, segale e avena. Si potrebbero far rientrare in questo gruppo anche sorgo, grano saraceno (tecnicamente, non un cereale); anticamente vi rientravano anche legumi, patate e altri ortaggi. Riguardo all’orzo, diversi malti base possono essere prodotti da diverse temperature di essiccamento. Si va dai malti Lager fino ai Pale, Vienna e Monaco, caratterizzati da note panificate via via più accentuate man mano che si sale con le temperature a cui vengono sottoposti durante l’essiccazione. Oppure, a parità di temperature, si possono ottenere diversi risultati partendo da diverse varietà di orzo. Il distico (two-row) solitamente è caratterizzato da un miglior rendimento e sostanzialmente pare sia in grado di conferire un sapore più elegante. In compenso l’esastico ha un potere diastatico maggiore. Con il termine potere diastatico, in pratica, ci si riferisce al potenziale di conversione enzimatica degli amidi: un malto che contiene sufficiente potere diastatico per convertire i propri amidi viene definito malto base. Ciò significa che un malto base è tale perché può essere usato da solo, costituendo senza problemi il 100% della composizione della ricetta.

Per semplicità, in carrellata vediamo i malti base ricavati da orzo, mentre successivamente si parlerà di quelli ricavati da altri cereali. A proposito di malti base d’orzo, bisogna sottolineare che si possono raggruppare in base alla loro disposizione sulla spiga (distico ed esastico), alla varietà di orzo (Maris Otter, Golden Promise, Senatore Cappelli, etc..) o alla regione di provenienza (Belgian Pale, English Pale, Bohemian Pilsner, American 2-Row, etc…). La classificazione per metodo di maltazione vista prima (Lager, Pale, etc…) è comunque quella più adottata.

Pilsner
È il tipo di malto più chiaro in assoluto e può essere usato come malto base per la quasi totalità di stili. Dopo la germinazione, è leggermente disseccato a 32°C per un giorno, poi scaldato fra 50-60°C per meno di un giorno ed infine a 70-85°C per un intervallo da poche ore a due giorni. Il malto risultante ha un sapore delicato di cereale e pulito con un ottimo potere diastatico. A volte viene indicato col termine intercambiabile di malto Lager, subisce una buona modificazione ma solitamente minore rispetto ad altri malti base. Può essere distico o esastico, con relative caratteristiche  già illustrate.

Pale
Prodotto per emulare i malti tradizionali usati in Belgio e Regno Unito, è un malto sottoposto a temperature più alte del Pilsner ma con potere diastatico (ovvero contenuto enzimatico) ancora molto elevato. La maggiore tostatura gli conferisce un sapore più carico con leggerissime note biscottate (specie la varietà inglese Maris Otter). Rispetto al malto Pilsner, ha aromi più vicini alla crosta di pane (spesso avvertibili nei Belgian Pale).

Vienna
Fa parte dei malti sottoposti a temperature alquanto alte di maltazione. Possiede un elevato contenuto di enzimi ed è usato sia da solo che insieme ad altri malti base. Ha un importante sapore maltato, leggermente spezzato da tostature.

Munich
Il suo sapore è più maltato del Vienna ma con note leggermente meno tostate. Anch’esso può essere usato da solo o insieme ad altri malti per mitigarne il sapore. È responsabile di ricche note di miele, nocciolate ma pur sempre pulite. Viene anche usato in piccolissime percentuali per conferire un taglio più complesso a birre con malti base più semplici. Alcune malterie ne hanno diverse versioni, più o meno scure.

Smoked
Realizzato spesso con malto distico, rappresenta più che altro una variante affumicata di un malto Pilsner. Può essere prodotto con una pila di legna di quercia fisicamente posta al di sotto di esso durante l’essiccazione, oppure può essere arricchito di note di fumo successivamente al processo di maltazione. Può anche essere usato da solo in ricetta, dato che ha tutti gli enzimi in grado di convertire gli amidi. Tuttavia, spesso si sceglie di tagliarlo con altri malti base per alleggerire la nota affumicata.


Malti speciali

Per arricchire il profilo maltato e così produrre una gran parte della varietà di stili birrari esistenti, non si può fare a meno della categoria dei malti speciali. Non contengono molti enzimi, hanno quindi un potere diastatico basso perché sottoposti a temperature di lavorazione più alte, venendo essiccati e/o tostati. Tra di essi possiamo distinguere in due grandi gruppi.

Il primo è quello dei malti caramello o crystal. Questi non vengono asciugati dopo la germinazione, ma vengono essiccati quando ancora contengono una buona dose di acqua. Ciò permette la conversione completa (o quasi) degli amidi in zuccheri già all’interno del chicco. Sottoposti poi ad alte temperature, vi si generano una serie di zuccheri non fermentabili che conferiscono sapori variegati che vanno dal miele al caramello in tutte le sue forme.

Il secondo è quello dei malti speciali non caramellati, quindi non sottoposti a questo processo di conversione degli amidi in zuccheri durante la maltazione. Questi malti contengono amidi ancora da convertire.


Caramellizzazione

Quando lo zucchero viene sottoposto ad alte temperature avviene la caramellizzazione, ovvero una reazione termica di decomposizione degli zuccheri per mezzo di un processo detto di pirolisi. Si tratta di una reazione non enzimatica di imbrunimento, che necessita sia di alte temperature che di bassa umidità all’interno del chicco. Spesso è una reazione cercata sui malti verdi, ovvero non essiccati dopo la germinazione. Gli amidi vengono convertiti in zuccheri all’interno del chicco generando un mix di zuccheri in stato semi-liquido. Al termine della conversione completa degli amidi, il chicco viene ulteriormente riscaldato scatendando la reazione di caramellizzazione nei chicchi che va a modificare le strutture interne dando luogo a zuccheri  meno fermentabili. Gli aromi generati dal processo di caramellizzazione variano dal miele al caramello, fino a sfumature bruciate e di frutti disidratati.


Reazione di Maillard

A differenza della caramellizzazione, le reazioni di Maillard avvengono tra amminoacidi e zuccheri e possono svilupparsi in un ampio range di condizioni termiche e di umidità. Esse producono un’ampia gamma di sapori. I malti in cui queste reazioni sono preponderanti sono solitamente quelli già essiccati ma che contengono percentuali di umidità non basse: sottoponendoli ad alte temperature, vengono prodotti aromi maltati e di panificato, così come di tostato e biscottato.

Malti caramellati

Carapils (destrinico)
Molto chiaro (4-8 °L), ha come uso principale quello di aumentare il corpo senza particolare apporto in termini di colore (grazie al maggiore contenuto di destrine ottenute per il particolare processo di maltazione). Il Carapils viene spesso venduto come malto ideale per aumentare la ritenzione della schiuma e molti homebrewer iniziano a utilizzarlo a sproposito in qualsiasi birra, tra l’altro in dosi ridicole (1-2%). Indubbiamente questo malto, se usato in percentuali rilevanti (10%) può contribuire alla ritenzione della schiuma grazie al maggiore contenuto di destrine e proteine, ma la realtà è che nella maggior parte dei casi (forse nel 99,9%) i problemi di schiuma nella birra derivano da altro (per esempio fermentazioni mal gestite) e il carapils non li risolverà di certo.

Caravienna
Malto appena più scuro del Carapils (20-25°L) usato per birre in stile Vienna e Märzen. Oltre a conferire un certo corpo, dona note di caramello piene e un aroma finemente tostato.

Caramonaco
Malto di colore carico (50-60°L) molto usato per birre in stile Festbier, Dunkel, Bock, Doppelbock ed Helles Bock. Aggiunge certamente corpo e morbidezza, mentre il suo gusto è caramellato con note di nocciola e frutta secca.

Crystal/Cara
I due termini sono pressoché intercambiabili e recano un suffisso numerico che indica la colorazione espressa in °L o SRM, direttamente proporzionale al grado di caramellizzazione. Si va dai 10°L a 150°L: mentre a basse colorazioni corrispondono lievi note di caramello, quelli più scuri apportano sapori nocciolati, di caramello bruciato e perfino tostati. Possono assumere nomi disparati a seconda del produttore, ma quello che conta è sempre il valore della loro colorazione.

Special B
Anche lo Special B è tecnicamente un malto caramellato, ma conta ben 150°L e si pone ai confini di questo folto gruppo. Detto anche Cara 300 (intendendo il valore in scala EBC), si caratterizza per i profondi sapori tostati e di caramello bruciato, fino a quelli di uvetta e torrone. Viene usato in piccole dosi per stili scuri anglosassoni e in dosi più cospicue anche in birre ispirate a stili d’abbazia, dove conferisce particolari sfumature di prugna e frutta secca.

Malti non caramellati

Questi malti, non essendo stati sottoposti a processi di caramellizzazione, conservano amidi da trasformare in zuccheri durante un regolare ammostamento. Per questo motivo se ne sconsiglia l’utilizzo durante il processo di infusione secondo la tecnica E+G: gli amidi residui non verrebbero convertiti in zuccheri generando, oltre a una ridotta efficienza e quindi resa della materia prima in termini di materiale fermentabile, anche una sostanziale torbidità permanente nella birra finita.

Aromatic
Simile a un malto Monaco scuro, ha un potere diastatico basso perchè sottoposto ad alte temperature. Conferisce splendidi sapori maltati e aromi di crosta di pane nero.

Amber/Melanoidin/Biscuit
Si tratta di un malto leggermente tostato che conferisce sapore di biscotto e crosta di pane. Ha un potere diastatico quasi nullo e contribuisce con una colorazione ambrata.

Brown
Usato molto in passato in stili anglosassoni di colore scuro, è un malto caratterizzato da un gusto tostato amaro e che si piazza a metà tra un malto Amber ed un Chocolate. Non è molto dolce ed ha un potere diastatico quasi nullo.


Malti tostati

Per produrre i malti tostati si parte dai malti base che vengono prima essiccati fino a un bassissimo contenuto di umidità e poi sottoposti a temperature di tostatura molto alte. Si possono così ottenere malti di colorazione ambrata o bruna con temperatura relativamente contenute: questi malti solitamente apportano aromi nocciolati e biscottati. Aumentando la temperatura di tostatura si può arrivare ai più noti malti tostati, dai più complessi e intensi contributi organolettici. Per essi la tostatura avviene in più fasi e a temperature che possono sfiorare i 250°C, portando alla formazione di sapori molto simili a cacao tostato oppure a caffè tostato. Questi processi permettono leggere reazioni di caramellizzazione, ma la maggior parte dei composti si sviluppano per reazioni di Maillard. Un’eccezione rispetto a questa descrizione è riservata al malto Roasted, notoriamente ottenuto da orzo non maltato e successivamente solo tostato ad alte temperature.

Parliamo di malti in cui il contributo zuccherino c’è ma è basso e caratterizzato per la maggior parte da lunghe cateni di zuccheri per lo più non fermentabili. Il loro potere diastatico in questi malti è nullo, dato che gli enzimi vengono denaturati a causa della alte temperature di tostatura. Contengono comunque una buone dose di proteine, specialmente quelli non maltati come il Roasted. Anche se usati in piccole dosi, conferiscono note gustative e cromatiche che in alcuni stili di birra sono decisamente essenziali.

Chocolate
Malto dal gusto dolce e amaro tra cioccolato e caffè, con piacevoli note tostate e che conferisce un colore scuro con riflessi rubino.  

Black
È il malto tostato più scuro, usato soprattutto per il colore e in piccole dosi. Per il suo contributo amaro notevole, viene impiegato anche per bilanciare la parte maltata di una birra con molti malti caramello.

Roasted
Tecnicamente non sarebbe un malto d’orzo proprio perché viene direttamente tostato ad alte temperature senza passare per la germinazione. Ha un carattere caffettoso deciso ed è la firma distintiva delle stout irlandesi.

Decorticato/Carafa Special
Questo malto speciale viene tostato ad alte temperature e subito raffreddato appena si raggiunge la colorazione desiderata. Viene privato delle glumelle prima di essere maltato, perciò ne scaturisce un carattere tostato più rotondo. Per questo può essere aggiunto sia per dare una leggera colorazione che per conferire sapori tostati senza che siano astringenti o aggressivi.

Black wheat
È la versione tostata di un malto di frumento. Essendo il frumento di per se’ privo di glumella, questo è di di fatto un malto decorticato.



Altri cereali fermentabili

Se sicuramente possiamo dire che l’orzo è il protagonista nella composizione della base di fermentabili, dobbiamo anche dare spazio a un folto gruppo di altri cereali, forse meno incisivi ma per nulla trascurabili. Tra questi possiamo distinguere due grandi gruppi, divisi tra quelli che vengono maltati e quelli che la maltazione non la subiscono o che vengono trasformati in fiocchi. Entrambi le tipologie contengono amidi, quindi vanno ammostati.
Partiamo dai primi.

Malto di frumento
In ordine di importanza è quello che, dopo l’orzo, risulta fondamentale per realizzare determinate birre. Sia per storia che per modi di utilizzo, è imprescindibile se si vuole produrre una birra che si ispiri a stili soprattutto tedeschi e belgi. Molto spesso può essere maltato e seguire grosso modo il canovaccio dell’orzo. Lo troviamo in versione di malto base, teoricamente autosufficiente a livello enzimatico, se non fosse per una difficoltà in fase di filtrazione, legata alla forte propensione allo sfarinamento e ad una torbidità difficile da evitare, dovuta dal contenuto di proteine. Ma ci sono anche malti speciali di frumento, caramellati, fino a quelli tostati: in questi ingredienti, molte volte, si cerca di racchiudere le proprietà tipiche del frumento e combinarle con certi sapori di alcuni malto speciali d’orzo, spesso tirando fuori qualcosa di unico e sui generis.

Malto di avena
Anche se più utilizzata sotto altre forme (in fiocchi), l’avena maltata ha sufficienti enzimi per degradare i propri amidi. Generalmente viene utilizzata per conferire sensazioni boccali che richiamano pienezza e morbidezza per via del suo alto contenuto di oli. Questi tuttavia a volte possono interferire negativamente con i processi legati alla formazione di una adeguata schiuma.

Malto di segale
Altro cereale relativamente utilizzato in basse quantità in una birra (eccezion fatta per il desueto stile tedesco delle Roggenbier), conferisce particolari note rustiche, con caratteristici toni speziati e perfino agrumati. Si incastra bene in stili legati a contesti rurali per questi sapori insoliti.

Cereali non maltati o in fiocchi

Spazio a parte merita il secondo gruppo, quello relativo a cereali non maltati o in forma di fiocchi. Nel caso di cereali non maltati, diventa necessario fare opportuni trattamenti di questi in fase di ammostamento (vedi gelatinizzazione nel capitolo apposito). Riguardo ai cereali in fiocchi, invece, è importante conoscerne il processo di produzione e la relativa origine. Questi, infatti, vengono semplicemente trattati con vapore acqueo, gonfiando e permettendo già la gelatinizzazione degli amidi, per poi essere successivamente schiacciati con dei rulli.

Frumento non maltato
È usato soprattutto quando sono richiesti il tipico sapore acidulo e la naturale torbidezza, caratteristiche facilmente riscontrabili in una blanche, dove in effetti viene utilizzato. A volte si trova nella forma detta “torrified” (esteticamente simile alla forma “perlata” in cui vengono trasformati alcuni cereali), ottenuta con esposizione ad altissime temperature che provocano arrotondamento e rigonfiamento dei chicchi.

Frumento in fiocchi
Così come per frumento non maltato, i fiocchi di frumento vengono sì utilizzati nei classici stili belgi, ma per il loro aiuto nella formazione della schiuma dovuta all’alto livello di proteine, vengono comunemente utilizzati anche per molte altre birre. Sicuramente la qualità maggiore di questo formato rispetto al cereale non maltato è il contributo evidente che sa dare in termini di rotondità e sensazioni boccali.

Avena non maltata
Il contenuto alto di betaglucani di questo cereale risulta ancora più decisivo quando questo è non maltato, mentre i suoi oli aumentano la sensazione di pienezza del corpo, nonostante possano creare spesso problemi di instabilità della schiuma se si utilizza in percentuali importanti.

Avena in fiocchi
Molto più popolare e maneggevole in questa forma, deve il suo grande successo all’utilizzo in stili quali stout e porter, nelle varie versioni, per via dell’esaltazione della schiuma (a differenza dell’avena nelle altre forme), ruolo per cui talvolta non sarebbe neppure così necessaria.

Segale non maltata
Ancor più rustica e speziata, contribuisce in maniera decisa. Anche per questo motivo, si preferisce spesso la versione maltata.

Segale in fiocchi
Analogamente ai fiocchi realizzati a partire dagli altri cereali, è un formato più semplice con cui lavorare, con cui si hanno meno problemi con la formazione di schiuma.

Mais in fiocchi
Bistrattato per via dell’uso da succedaneo che l’industria birraria ne ha fatto fin dal secolo scorso, il mais viene poco utilizzato nelle produzioni artigianali, spesso senza altri motivi che siano reali. In verità, è sempre stato utilizzato nel Regno Unito nella produzione di bitter, mild e strong ale. La sua funzione è quella di alleggerire il corpo senza lasciare eccessivi vuoti in termini di pienezza.

Riso in fiocchi
Ha funzione ed impiego molto simili a quelli dei fiocchi di mais e lascia un corpo ancor minore.

Lolla di riso
A margine del discorso sugli altri cereali e sul riso, c’è da nominare questa sorta di ingrediente, più funzionale che essenziale. In realtà usciamo dal recinto del capitolo perché non è un fermentabile, ma si tratta semplicemente dell’involucro esterno del chicco di riso, ottenuto dopo un processo di raffinazione. Con la sua struttura fibrosa, funge da materiale filtrante e risulta utilissima quando si ha a che fare con cereali diversi dall’orzo e che hanno una glumella meno propensa a fare da ostacolo al trascinamento delle farine durante la fase della filtrazione.

Altri zuccheri fermentabili

Non di soli cereali può essere fatta una birra. Certamente tutto il resto occupa solo una piccola percentuale, ma il contributo di altri ingredienti fermentabili è tutto fuorché ininfluente, soprattutto in stili belgi o inglesi, specie sulle alte gradazioni. Il principio di queste aggiunte di zuccheri diversi dal maltosio, lo zucchero principale estratto dai cereali durante l’ammostamento, è quello di alleggerire il corpo di una birra e contemporaneamente permettere al lievito di non stancarsi eccessivamente, permettendogli di arrivare più facilmente e rapidamente all’obiettivo di densità finale. In molti casi, il contributo organolettico degli zuccheri aggiunti è di rilievo e varia in base alle tipologie.

Zucchero da tavola
È lo zucchero semolato, quello bianco, costituito da puro saccarosio Il saccarosio è un disaccaride, composto da due zuccheri semplici, per cui meno velocemente metabolizzabile dal lievito, che deve rompere questo legame prima di fermentarli separatamente. Non ha particolari caratteristiche aromatiche, se non un potenziale sapore sidroso poco elegante in caso di gestione non ottimale di tempi e temperature di fermentazione.

Zucchero invertito
Ottenuto attraverso il fenomeno di idrolisi che scindono il saccarosio in glucosio e fruttosio, monosaccaridi più facilmente metabolizzati dal lievito, si può trovare in forma liquida. A livello organolettico, spesso restituisce un corpo più asciutto.

Destrosio
È un altro monosaccaride, facilmente lavorabile dal lievito, estratto e poi raffinato dal mais. Solitamente è presente nella forma di destrosio monoidrato e quindi contiene acqua: motivo per il quale, rispetto allo zucchero da tavola, va usato in quantità del 10% maggiori ad esso. A livello organolettico è alquanto neutro ed ha il suo maggior utilizzo nella rifermentazione.

Cassonade
Estratto dalla barbabietola (si trova col nome di Beet sugar), si tratta di una varietà di zucchero grezzo molto utilizzato nella tradizione belga. Ha sapori molto intensi, nocciolati e di frutta secca, in base al formato ed alla colorazione (si va da light a medium fino a dark).

Zucchero candito
Si ottiene per cristallizzazione di zucchero precedentemente invertito. Esiste in diverse tonalità cromatiche ed organolettiche a seconda della raffinazione dello zucchero di partenza (anche qui light, medium o dark) e può essere presente in più formati (candy quello liquido, rocky candy quello in cristalli). Rispetto al normale zucchero invertito, pare lasci un sapore più morbido e pieno, dato che contiene anche destrine.

Zucchero di canna
Estratto dalle canne (noto anche col nome di Demerara), è molto aromatico ed è alquanto grezzo. Difficilmente, però, questi aromi riescono a farsi sentire nel profilo organolettico, essendo il suo effetto abbastanza neutro.

Melassa
È il residuo del processo di trasformazione di zucchero di canna grezzo in zucchero raffinato. Contenendo molte impurità, è molto aromatico ed intenso. Presente in forma liquida, ha diverse colorazioni che indicano il suo grado di raffinazione.

Treacle
Diversamente, il treacle inglese è uno sciroppo ottenuto dallo zucchero raffinato e non ha tutta la gamma di sapori di una melassa. Anche questo, però, è disponibile in diversi gradi di trasformazione e diverse caratteristiche cromatiche. Il suo contributo organolettico ricorda sensazioni di vini importanti, rum e superalcolici.

Sciroppo d’acero
Costituito per lo più da saccarosio ed una parte di acqua, è ottenuto da concentrazione e caramellizzazione di linfa di acero. Spesso si trova miscelato con glucosio e non in purezza, ha un sapore resinoso del tutto unico

Miele
Le varietà di miele sono talmente tante da non permettere una descrizione concisa e completa in questo spazio. Essendo formato principalmente da fruttosio e glucosio, è in gran parte fermentabile dal lievito. Dona secchezza alla birra e una dolcezza residua molto bassa, generalmente.

Lattosio
È uno zucchero disaccaride composto da lattosio e galattosio, non fermentabile da alcun lievito. Non serve affatto a contribuire a un abbassamento del corpo, ma esattamente al contrario, donando morbidezza e una grande dolcezza residua.

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