Gli enzimi alfa-amilasi e beta-amilasi
Le amilasi costituiscono un gruppo di enzimi, dette diastatici, specificamente preposti all disaggregazione degli amidi. Per inquadrare, pur sinteticamente, il loro funzionamento, occorre soffermarsi brevemente sulla natura degli amidi stessi. Si tratta di composti organici appartenenti alla classe dei carboidrati (o saccaridi o glùcidi); e in particolare al sottoinsieme dei polisaccaridi: così definiti in quanto costituiti da un numero molto elevato di unità ripetitive rappresentate dai monosaccaridi (o zuccheri semplici); mentre quando si è in presenza di piccole catene lineari (la cui compagine sia inferiore alle dieci unità) si parla di oligosaccaridi, segmento entro il quale le strutture di dimensione minore corrispondono ai trisaccaridi e ai disaccaridi. Ciò detto, torniamo alle amilasi, che si ripartiscono in due tipologie.
Le β-amilasi (beta-amilasi) lavorano in un intervallo di temperatura ottimale compreso tra i 55 e i 65 °C (e in condizioni di acidità del sistema pari a un pH tra 5,4 e 5,6). Quale la loro funzione? Quella di facilitare la scomposizione degli amidi, ottenendone zuccheri semplici altamente e rapidamente fermentabili, destinati a essere metabolizzati dal lievito, che ne ricaverà alcol etilico. Tra essi, in un mosto di birra, troviamo: monosaccaridi quali glucosio, fruttosio, mannosio e galattosio); disaccaridi, come il maltosio (che è il prodotto principale di questa fase dell’ammostamento e che altro non è se non l’unione di due molecole di glucosio), oltra a isomaltosio, melibiosio, lattosio; infine anche trisaccaridi come il maltotriosio, che è sì metabolizzabile, ma lo è molto lentamente, e che, per tale sua tenacia, è capace di resistere fin oltre la fermentazione primaria, in modo tale da poter sostenere il lievito durante la lagerizzazione.
Le α-amilasi (alfa-amilasi) lavorano in un intervallo di temperatura ottimale compreso tra i 65 e i 75 °C (e in condizioni di acidità del sistema pari a un pH tra 5,4 e 5,6). Anche il loro compito è quello di accelerare il processo biochimico di scomposizione degli amidi, ottenendone però zuccheri più complessi, ovvero in questo caso destrine e maltodestrine: non commestibili da parte del lievito e dunque destinati a persistere nel prodotto finito, il cui assaggio ne rileverà la presenza in termini di fattori d’incremento delle percezioni riguardanti il corpo e la dolcezza della birra.