Fare la birra: una riflessione sulle acque storiche

Tocchiamo ora un tema piuttosto delicato intorno al quale negli anni sono state costruite tante storie, più o meno romanzate, che hanno indotto e inducono ancora oggi in errore molti produttori casalinghi. Si racconta spesso di profili di acque associate a determinate città e stili di birra, elogiandone le qualità per la produzione di questo o quell’altro stile. Famosi sono gli esempi dell’acqua di Dublino per produrre le famose Irish Stout o quello dell’acqua di Burton Upon Trent, utilizzata per la produzione delle prime India Pale Ale nate appunto in questo piccolo paesino del nord dell’Inghilterra. Non dico che si tratti di storie completamente inventate, per carità, ma è opportuno collocarle nel giusto contesto. I produttori dell’epoca non disponevano della tecnologia di cui ci avvaliamo oggi: agli inizi del 1700 non era possibile misurare il pH di ammostamento così come non si conosceva il contenuto minerale dell’acqua che veniva utilizzata per fare birra. Soprattutto, non era possibile modificarla né approvvigionare grandi quantitativi di acqua da altre fonti. Di fatto, ci si arrangiava con quello che c’era, cercando di adattare gli stili all’acqua della fonte vicina al birrificio procedendo per tentativi successivi. A Dublino, nota per la sua acqua ricca di bicarbonati, è possibile che a un certo punto i birrai abbiano scelto di produrre birre scure perché riuscivano meglio sia in termini di resa (zuccheri estratti dal malto) che di profilo organolettico (minore astringenza rispetto alle birre chiare luppolate). Tuttavia questa è solo una parte della storia, poiché il passaggio alla produzione di porter e simili è stata probabilmente guidata dal mercato inglese (principale export per le birre di Dublino), che dal 1700 si era fortemente orientato sulle birre scure. Del resto, se andiamo a guardare i dati disponibili, notiamo come la composizione minerale dell’acqua di Dublino, così come viene riportata sui libri, non sia esattamente la migliore per produrre una stout.

Calcio Magnesio Sodio Solfati Cloruri Bicarbonati
120 4 12 55 19 315
Tabella 1.1 – Acqua di Dublino (ppm)

Abbiamo detto che i bircarbonati contrastano la discesa del pH durante l’ammostamento; una concentrazione medio/alta è quindi indicata per la produzione di birre scure come Irish Stout o Porter. Ma 315 ppm di bicarbonati sono tante, troppe, anche se si utilizzano parecchi malti scuri: probabilmente 200 ppm, ma anche 150 ppm, sono più che sufficienti per far ricadere il pH di ammostamento nel range ottimale. Capita spesso, infatti, quando si producono stout in BIAB (quindi con un mash abbastanza diluito), di dover usare una buona dose di acido anche partendo da acqua con bicarbonati pari a 100 ppm. Questo per dire che bisogna sempre ragionare su quello che si sta facendo e avere ben chiare in mente le dinamiche del processo di produzione: copiare a pappagallo l’acqua di Dublino sperando di produrre una buona stout non è un approccio vincente. A Dublino semplicemente si arrangiavano: quella era la loro acqua, non avevano strumenti per analizzarla o modificarla e quindi la utilizzavano così com’era.

Discorso analogo si può fare per l’acqua di Burton Upon Trent, nota per la sua composizione ricca di minerali, soprattutto per quanto riguarda la concentrazione di solfati:

Calcio Magnesio Sodio Solfati Cloruri Bicarbonati
275 40 25 610 35 270
Tabella 1.2 – Acqua di Burton (ppm)

Appare evidente che ricreare quest’acqua per produrre in casa una India Pale Ale sia pura follia. La concentrazione di calcio va oltre i limiti tollerabili, quella dei solfati fa paura e anche i bicarbonati sono molto alti per una birra che tendenzialmente è chiara o al limite ambrata. È allora, come è possibile che a Burton Upon Trent producessero delle ottime IPA? Attenzione, anzitutto erano ottime per l’epoca: bisognerebbe assaggiarle e giudicarle secondo gli standard attuali. E comunque mi sento di affermare che a Burton producevano delle birre decenti non grazie all’acqua ricca di minerali, ma nonostante l’acqua. Insomma, anche in questo caso è bene prendere degli spunti dal profilo storico dell’acqua ma non ricrearlo tale e quale. Alziamo i solfati per enfatizzare la secchezza e l’amaro tagliente, teniamo alto il calcio per favorire la flocculazione del lievito e la coagulazione delle proteine e teniamo bassi i cloruri per sbilanciare il rapporto cloruri/solfati verso questi ultimi. Ma non arriverei mai ai valori dell’acqua di Burton Upon Trent. Un profilo più sensato potrebbe essere quello della tabella in basso.

Calcio Magnesio Sodio Solfati Cloruri Bicarbonati
100 10 5 120 50 100
Tabella 1.3 – Profilo tipico dell’acqua per una IPA dal finale secco e dall’amaro tagliente (ppm)

Il BJCP ultimamente ha introdotto come stile “provisional” delle sue linee guida le “Burton Ales”. Sebbene queste birre, teoricamente, venissero prodotte direttamente con l’acqua di Burton, nella descrizione del BJCP non si trova nessun riferimento diretto all’utilizzo di quest’acqua né agli effetti che una quantità così alta di solfati potrebbe avere sulla birra (amaro tagliente, leggero aroma solforoso). Anzi, la birra sembrerebbe avere una importante base maltata. Si potrebbe provare a utilizzare l’acqua originale di Burton per produrre questo stile e vedere cosa ne viene fuori. Siamo comunque di fronte a uno stile che ha poco o nulla a che vedere con le classiche IPA moderne, per le quali quel profilo di acqua non è indicato. Se andiamo a guardare con attenzione i profili delle principali acque storiche, possiamo notare altri elementi importanti a cui prestare molta attenzione.

  Calcio Magnesio Sodio Solfati Cloruri HCO3
Burton 275 40 25 610 35 270
Dortmund 230 15 40 330 130 235
Dublino 120 4 12 55 19 315
Dublino (bollita) 43 4 12 55 19 80
Londra 76 6 15 40 38 166
Londra (bollita) 42 6 15 40 38 80
Pilsen 7 2 2 8 6 16
Tabella 1.4 – Profili delle acque storiche (ppm)

Prendiamo l’acqua di Dortmund. Questo profilo presenta significative incongruenze rispetto allo stile di birra prodotto nella storica città tedesca. Le German Helles Exportbier (note anche come Dortmunder) sono delle birre con un’importante componente maltata. Nelle linee guida del BJCP (Beer Judge Certification Program) vengono definite come birre chiare con una forte base maltata e un corpo pieno, con un leggero accento sui solfati. Mi sembra evidente che con un’acqua di quel genere sia praticamente impossibile produrre una birra con queste caratteristiche: i solfati sono troppo alti per una birra con un forte accento sul malto, ma soprattutto la concentrazione dei bicarbonati è ben oltre livelli accettabili per produrre una birra chiara senza acidificazione dell’acqua. George J. Fix nel suo libro “Principles of Brewing Science: A Study of Serious Brewing Issues” racconta come a Dortmund fossero molto avanti con il trattamento dell’acqua e quindi è molto probabile che bollissero o modificassero in qualche modo l’acqua locale prima di produrre le loro famose Dortmunder Export.

E che dire della famosissima acqua di Pilsen? Questo profilo è ricercato da molti produttori casalinghi quando si imbarcano nella produzione di birre in stile Pilsner. Per alcuni aspetti è indubbiamente indicato (la ricetta prevede solo malti chiarissimi, quindi si sposa bene con il basso contenuto di bicarbonati) ma ho dei seri dubbi che un’acqua così povera di calcio possa aiutare il processo di produzione. È molto probabile che quest’acqua venga oggi modificata per arrivare almeno a una concentrazione di 50 ppm di calcio, fondamentali per ottenere una birra limpida e senza residui proteici.