L’abbinamento tra birra e cibo: i salumi
I salumi costituiscono una categoria gastronomica le cui specialità figurano tra i più bei fiori all’occhiello del costume culinario italiano. Essa abbraccia, nella sua generalità, i prodotti alimentari ottenuti da carni sottoposte a salatura onde renderle conservabili. Ciò detto, la genealogia della quale qui daremo una rappresentazione necessariamente sintetica, si articola in varie e ben diversificate categorie familiari. Madre di tutte le differenziazioni è la distinzione tra salumi propriamente detti (ottenuti da porzioni intere dell’animale di provenienza, come il prosciutto) e insaccati: quest’ultimi (ad esempio le salsicce) costituiti da carni tritate, impastate con grasso e aromi, quindi raccolte in involucri ottenuti (tradizionalmente) da intestini o vesciche di bestiame oppure (oggi) ricavati da materiali sintetici.
Ulteriori suddivisioni interessano poi ciascuna di queste due principali classificazioni; anzitutto perché in ciascuna di esse può cambiare l’ingrediente “cardine” cioè il capo domestico o la selvaggina che, di caso in caso, si decide di lavorare. Principalmente i protagonisti saranno maiale o bovini, ma anche tacchino, oca, anatra, equini o ovini, cinghiali, cervi e perfino pesce. Ma non è tutto, nello specifico gli insaccati si ripartiscono tra crudi (quali i salami) e cotti (vedi la mortadella); mentre nel campo dei non insaccati si separano quelli stagionati da quelli cotti (quale rappresentante degli uni e degli altri valga, di nuovo, l’esempio del prosciutto). Infine (e non menzionando altre modalità particolari di preparazione, tipicamente legate a culture locali) molte specialità ricadenti nell’alveo delle tante scuole italiane di salumeria vengono trattate con la tecnica dell’affumicatura, ovvero esposte a correnti di fumo generate dalla combustione di legna e piante aromatiche.
Perché questo preambolo? Semplice, per rendere chiaro come, di fronte alla vastità di interpretazioni che popola il mondo dei salumi, sia non facile individuare un nucleo di comuni denominatori, in base ai quali, conseguentemente, poter parlare di un gruppo più o meno circoscritto di stili birrari da suggerire per il consumo combinato. Ciò detto, volendo e dovendo andare concretamente al cuore della materia di cui ci occupiamo, ovvero le affinità intercorrenti tra birre e salumi, data la vastità e la multiformità sensoriale che essi presentano, dobbiamo tracciare alcune “regole d’’ingaggio” generali, per poi dedicarci all’esposizione, direttamente, di alcuni esempi di combinazioni specifiche.
Regole d’ingaggio per l’abbinamento tra birra e salumi
Appare quanto mai necessaria individuare una serie di indicazioni di base, di riferimenti essenziali, per inquadrare un poco più da vicino il tema delle affinità da parte delle birre con i prodotti gastronomici di cui parliamo. Ora, per trarre tali criteri fondamentali, com’è facile capire, sarà necessario volgere lo sguardo verso un nucleo di caratteristiche sensoriali salienti evidenziabili in un salume. Sulla base di queste caratteristiche dovremo modulare le nostre scelte, in ordine alle corrispondenti connotazioni che la nostra birra deve avere. In altre parole, di fronte a un piatto di affettato quali sono le domande più utili da porsi relativamente al suo profilo organolettico?
Semplificando un po’, in base agli standard statisticamente prevalenti, gli elementi da prendere in considerazione sono: la compattezza materiale del boccone, la quantità di materia grassa in esso contenuta, la sua intensità gustativa globale e il livello di sapidità in essa presente, il suo respiro aromatico (ampiezza e peculiarità qualitativa).
Ecco, data questa rosa di variabili, vediamo come regolare le nostre mosse nella ricerca di un soddisfacente abbinamento. La consistenza del morso dovrà essere proporzionale alla corporatura del sorso: se elevata (immaginate del prosciutto porzionato a tocchetti o della salsiccia di cinghiale stagionata), avremo bisogno di una birra dalla struttura robusta (una Doppelbock, ad esempio); se leggera (un morbido lardo, un ciauscolo fresco), ci sarà sufficiente una tipologia brassicola di spessore meno muscolare (come una Dubbel Blanche).
Passiamo all’entità della frazione grassa. Se cospicua (come in una salsiccia, o in una finocchiona), impegneremo funzioni “detergenti” spiccate (quelle di una Weizen o di una Weizenbock, per esempio); se modesta (come in una bresaola), avremo maggiori margini di manovra (e allora potremo optare anche per una Festbier).
Per quanto riguarda l’intensità gustativa e il livello di sapidità: se elevate (pensate ad un salame), altrettanto dovranno esserlo, nella birra, il vigore gustativo e il tenore delle parti morbide, quali alcol e dolcezza (viene in mente una Belgian Strong Golden Ale); se contenute, e in particolare se bassa sarà la salatura (potrebbero esserlo in una mortadella), avremo maggior spazio, per puntare anche, nella bevuta, a una leggera amaricatura (un’idea? La Wheat Beer statunitense).
Infine, il profilo aromatico del salume: quale sarà la sua direzione specifica, conforme o almeno attinente dovrebbe esserlo quello della birra “data in sposa”; così, ad un kaminwurst altoatesino uniremo in matrimonio una Rauchbier, a una soppressa speziata con del pepe, magari una Tripel Abbaziale.