Tra Düsseldorf e Colonia a caccia di Altbier e Kölsch
Düsseldorf e Colonia sono divise da soli 40 chilometri, bagnate dallo stesso fiume e hanno un’equivalente rilevanza sul piano economico: gli ingredienti per il più classico dei conflitti campanilistici ci sono tutti e la loro rivalità non ha nulla da invidiare alle storiche antipatie reciproche che dividono molte città italiane. Anche i loro due stili birrari hanno caratteristiche agli antipodi, basti pensare al colore, paglierino per le Kölsch e ramato scuro per le Altbier, ma anche clamorosi elementi in comune. Entrambe le birre vengono infatti servite in un bicchiere a colonna da 0,2 l chiamato Stang (quello in uso a Colonia è leggermente più alto e snello) e in ambedue le città, quando si varca la soglia di una Brauhaus, il personale di servizio dà per scontato che si beva birra (qualunque altra ordinazione, specie di acqua o bibite, susciterà un motto di spirito) e occore essere attenti alla divisione tra la Gaststätte, l’area dedicata a chi vuole anche mangiare e la zona di sosta breve per chi berrà solo qualche Stang, solitamente costituita da tavolini tondi disposti attorno al bancone su cui troneggia la botte da cui si spilla la birra della casa.
È però significativo che le affinità più importanti risiedano nel luogo più profondo e segreto, nell’anima di una birra: i lieviti e il loro modus operandi. Sia quelli delle Alt che quelli delle Kölsch sono ceppi ad alta fermentazione ma lavorano a temperature piuttosto basse, tra i 13°C e i 19°C nel caso delle birre di Düsseldorf e tra i 15° e i 20°C per quelle di Colonia, entrambe subiscono poi una lunga maturazione al freddo: circa due mesi a temperature comprese tra i -2°C e i 5°C. Tali accorgimenti contribuiscono a ridurre la produzione di esteri, alcoli superiori e aldeidi, creando bouquet aromatici per certi versi affini alle basse fermentazioni e valorizzando al massimo gli ingredienti di base, malti e luppoli. Di seguito troverete validi consigli per un tour birrario di entrambe le città; un viaggio fortemente consigliato con un unica raccomandazione: ricordatevi sempre dove siete e non ordinate mai una Kölsch a Düsseldorf o viceversa!
COLONIA
Colonia è una delle città più antiche della Germania, come testimoniano le numerose vestigia romane, sia disseminate per l’Altstadt, il centro storico, che raccolte nel ricchissimo museo situato a lato della maestosa e, al contempo, leggerissima cattedrale gotica, la cui visita è assolutamente imprescindibile: il caleidoscopico gioco di luci delle antiche vetrate e l’austera sacralità della Croce di Gero contrapposta allo sfarzo dello scrigno dei Re Magi sono un ottimo diversivo tra uno Stang e l’altro. Un pub crawling a Colonia non è uno sport impegnativo: non è indispensabile nemmeno una cartina perché basta passeggiare a zonzo nelle viuzze che dalla cattedrale scendono verso il Reno passando per l’Altmarkt, il vecchio mercato, la più bella e suggestiva piazza della città e il grande slargo dell’Heumarkt, per trovare le Brauhaus di molti birrifici.
Per ragioni affettive comincio da Päffgen, il produttore più piccolo, che è stato la tappa iniziale della mia prima volta a Colonia, nel lontano 2002 ed è sempre il primo posto in cui mi reco a bere in città. La “casa” principale, aperta dal 1883, è a circa 15 minuti a piedi dal centro, per gli irrimediabili pigri c’è però un altro locale, più piccolo e meno suggestivo ma comunque d’atmosfera, in Salzgasse, una traversa dell’Altmarkt. Se si sceglie la casa madre in Friesenstrasse non bisogna farsi spaventare dall’austero portone in ferro con vetro smerigliato che impedisce la vista degli interni: una volta entrati, infatti, ci si ritrova in un autentico paradiso birrario. Caldi arredi in legno, grandi tavoli perennemente affollati da kölscher di ogni età e ceto sociale, statue lignee e dipinti rustici raffiguranti Gambrinus, una squadra di Köbes – i tavernieri – che portano ai tavoli piatti colmi delle sostanziose specialità locali come il Kölscher Kaviar, che non è caviale ma una salsiccia di sangue di maiale servita fredda, l’Halver Hähn, che non è “mezzo pollo”, come vi direbbe il traduttore automatico, ma una fetta di formaggio Gouda con un panino di segale, senape, paprika e cipolla cruda affettata o l’Himmel und Ääd, “cielo e terra”, ovvero sanguinaccio cotto alla piastra e posato su una purea di patate e mele contornata di cipolla saltata in padella. Il compito principale dei Köbes è però quello di spillare la birra dalle botti e portarla ai tavoli nei Kränze, le “corone”, i vassoi forati che permettono di trasportare una quindicina di Stang contemporaneamente. Come in tutte le altre Brauhaus, anche da Päffgen non appena il livello del liquido nei vostri bicchieri calerà sotto il livello di guardia un solerte Köbe vi chiederà, pronunciando semplicemente la cifra, quanti Stang pieni dovrà lasciarvi. Quando deciderete di essere arrivati al capolinea dovrete coprire il vostro Stang con il sottobicchiere, sul quale sarà stato tracciato un numero di asticelle corrispondente alle birre che avete consumato. La Päffgen Kölsch è un esempio perfetto dello stile: dorata chiara, con un delicato sentore di lievito che ricorda la pasta madre, un piacevole aroma luppolato erbaceo e floreale, un attacco maltato delicato, un corpo scorrevolissimo e notevolmente secco, e un finale erbaceo moderato ma appagante.
Gaffel, birrificio attivo dal 1908 ma con un’eredità storica che risale al 1396 è invece il secondo maggiore produttore locale, con un output annuo di oltre 550.000 hl. Per gustare le sue birre si possono scegliere il Gaffel am Dom, con suggestiva vista sulla cattedrale, o la frequentatissima Gaffel Haus sull’Altmarkt, in cui i maxischermi che trasmettono eventi sportivi sottraggono parecchio all’atmosfera, così come il servizio che è alla spina e non a caduta dalla botte. La birra si presenta al naso con il caratteristico sentore delicato di lievito accompagnato da una punta sulfurea volatile, in bocca ha un attacco di malto e cereali che viene presto surclassato da una luppolatura più decisa rispetto alla media dello stile.
A pochi passi dal mercato vecchio, in Salzgasse, c’è la taverna di Sünner, birrificio la cui apertura ininterrotta dal 1830 lo rende il più antico della città. Il locale, che si chiama Sünner in Walfisch (letteralmente “Sünner nella balena”), è abbastanza piccolo per i canoni cittadini e con un arredo tradizionale ma piuttosto elegante, caratteristica che si riscontra anche nella clientela.
Uscendo da Sünner bastano pochi metri per trovarsi nell’ampio Heumarkt, in cui hanno casa Pfaffen, birrificio nato da una scissione della famiglia Päffgen e il cui locale è attualmente chiuso per lavori e Malzmühle, il “mulino del malto”, taverna ufficiale del birrificio Mühlen: nell’ampio salone con stampe e incisioni d’epoca si può respirare la tradizione allo stato puro, e bere la birra della casa caratterizzata da un netto sentore maltato, una bassa carbonazione e un palato che lascia più spazio ai malti, l’amaro erbaceo finale è molto fine e gradevole, è la classica birra che non stanca mai.
Risalendo dal fiume verso la cattedrale si incontra la taverna di Sion, birrificio che ha radici risalenti al 1318 e fa ora parte del Kölner Brauerei Verband insieme ad altri marchi come Peters, Gilden, Küppers, Kurfürster e Römer. Tutte queste etichette vengono prodotte nel medesimo impianto, nel sobborgo di Mühlheim. Bevendo al bancone è possibile assistere da vicino al rito della spillatura dalla botte in due tempi, tipico di Colonia. La birra di Sion ha il caratteristico sentore delicato di lievito e fiori di campo al naso con una leggera nota di acetaldeide, un attacco maltato abbastanza pieno e persistente e un finale erbaceo assertivo e duraturo.
Il Kölsch crawling circolare si chiude nel gigantesco e tradizionalissimo Früh am Dom: oltre 1000 posti a sedere, botti sempre fresche trasportate dalla Keller con un apposito ascensorino, Köbes indaffaratissimi ma sorridenti con qualunque cliente, grandi tavoli di legno, piatti tipici. La Früh Kölsch, prodotta dal 1904, è inconfondibile: all’olfatto ha una caratteristica nota minerale e di frutta acerba (può ricordare l’albicocca o la nespola), in bocca ha un moderato attacco maltato, un corpo scorrevolissimo e un gradevole finale erbaceo, è una birra davvero molto bilanciata e godibile. Ho assaggiato anche la “birra del Giubileo”, chiamata Rude Pitter, un’ambrata con aromi di malto Monaco e biscotto Digestive, in bocca ha un netto attacco maltato, una moderata acidità da malti scuri e un finale erbaceo pulito.
Per ragioni di tempo non ho provato Reissdorf, il birrificio dai maggiori volumi produttivi e che ha, ahimé, abbandonato l’uso delle botti, né ho visitato Dom e Braustelle, il produttore più creativo e originale della città, che, oltre a realizzare una Kölsch non filtrata e stili anglossassoni di tendenza, ha anche l’ardire di sfidare la secolare inimicizia tra le capitali della Westfalia brassando una Altbier.
Düsseldorf
La città ha due anime: quella di città ricca e benestante, che si manifesta nei negozi alla moda della Königsallee, dove gli shopping addicted rischiano di lasciare i propri stipendi, e quella di città universitaria dalla vivacissima vita notturna. Il caratteristico centro storico completamente pedonalizzato è infatti stato definito “il bar più grande del mondo” a causa dei numerosissimi locali di qualunque genere, dalle Kneipe tradizionali ai Jazz club fino alle bodegas d’ispirazione cubana, che si aprono sulle stradine acciottolate. L’attenzione dei birrofili non può però che focalizzarsi sulle cinque Brauhaus dei produttori di Altbier rimasti indipendenti.
Per ragioni storiche è giusto iniziare dal più longevo, Schumacher, attivo dal 1838. Per gustare la sua birra si può scegliere la Stammhaus, attigua al birrificio e vicina alla stazione ferroviaria, o il Goldenen Kessel, “la caldaia d’oro”, locale situato in pieno centro storico e che fino alla Seconda Guerra Mondiale ospitava un birrificio ora chiuso. In entrambi i luoghi è assicurato il tradizionale servizio dalla botte con spillatura in un colpo unico, diverso dunque dai due colpi tipici della rivale Colonia. La Alt di Schumacher è ramata scura, con sentori volatili di lievito presto surclassati da delicati esteri che ricordano una pera al forno cosparsa di cacao, in bocca ha un attacco pieno di caramello e pera, un buon corpo, moderati sentori tostati e un equilibrato amaro di luppolo finale, con un retrolfatto persistente.
Anche a Düsseldorf il pub crawling non fa sudare: basta infatti uscire dal Goldene Kessel e attraversare la strada per trovarsi nella casa di Schlüssel, produttore attivo dal 1850. Pure chi non sa una parola di tedesco può agevolmente capire il significato del nome alzando la testa e osservando l’enorme chiave dorata che troneggia sull’ottocentesca insegna del locale. All’interno, giocato sui toni del legno chiaro, si respira il consueto rassicurante clima fatto di botti, Köbes e Stang: la birra è ramata scura e si presenta al naso con un volatile sentore sulfureo seguito da toni tostati e una percepibile presenza del luppolo; in bocca è piuttosto leggera di corpo per lo stile, mentre la chiusura è dominata dalla tostature, con il luppolo in secondo piano.
Bastano poche centinaia di metri in direzione sud per raggiungere Uerige, il produttore più noto in Italia, datato 1862. Anche in pieno inverno è possibile bere all’aperto, grazie alla depandance creata sul marciapiede opposto con tende, botti e un paio di Köbes: la loro Alt è la più scura della città, l’olfatto è molto fresco con sentori di lievito, malti tostati, luppolo e corteccia di china; in bocca è decisamente piena e maltata, e il sentore chinato prelude a una luppolatura decisa: straordinario trovare una tale complessità gustativa in una birra da soli 4,5° alc.!
Tornando verso nord, in Kürzstrasse, si trova Kürzer, di gran lunga il più giovane produttore cittadino: ha infatti aperto i battenti nel 2006. Il locale, con impianto a vista, non tenta in alcun modo di imitare la tradizione: arredo minimal da Kneipe studentesca e la botte di spillatura è sostituita da un recipiente che ne riproduce la forma ma è in plexiglas. Vinco la preoccupazione per la possibile ossidazione della birra esposta alla luce (anche se nella Brauhaus, a onor del vero, non ce n’è molta) e l’assaggio è soddisfacente: ramata carica, con un olfatto intenso caratterizzato dalle tostature e dal luppolo, scorre bene in bocca ed è bilanciata nei sapori, senza però avere la persistenza retrolfattiva di Uerige o Schumacher.
Al confine nord della città vecchia, in Ratingerstrasse, si incontra Füchschen, letteralmente “la volpacchiotta”, birrificio aperto nel 1858 e con una grande e bellissima taverna dalle pareti decorate. Questa Alt è di una tonalità ramata nettamente più chiara delle altre, ha un delicato bouquet dominato dal caramello con un filo di sulfureo avvertibile anche in bocca, il corpo è leggerissimo, più di qualunque altra Alt assaggiata e ha un finale amaro piuttosto persistente.