Thomas Hardy’s Ale: dalla poesia al mito
Poche birre al mondo possono vantare la fama quasi mitologica che avvolge la Thomas Hardy’s Ale. Tanti i fattori che hanno contribuito a costruirne la nomea. Sin dal principio la birra è stata prodotta in quantità limitate, benché trovasse grande seguito fra il pubblico. Inoltre è stata ingegnosamente riportata in etichetta, sulla confezione destinata al mercato americano, la dicitura – in realtà piuttosto discutibile – di “England rarest beer”, assecondando così il processo di mitogenesi. Come ciliegina sulla torta la Thomas Hardy è particolarmente adatta all’invecchiamento, tanto da diventare oggetto di epiche verticali. Vediamo di ripercorrerne un po’ la storia, fatta di tappe che, come un fiume carsico, appaiono e scompaiono negli anni. Forse non tutti sanno che la Thomas Hardy’s Ale è dedicata ad un famoso scrittore, Thomas Hardy appunto (1840-1928), di cui riporta l’effige sulla bottiglia. Il noto letterato britannico era amico della famiglia Pope, che nel 1870 affiancò gli Eldridge nella proprietà del birrificio Eldridge Pope, fondato a Dorchester nel 1828 da Sara Eldridge. Pare che il signor Hardy fosse un vero appassionato di birra, in particolare delle strong ale locali. Va da sé insomma che alla Eldridge Pope si sentissero quasi in dovere di creare una birra in onore dell’illustre amico di famiglia.
L’occasione perfetta si presentò durante la realizzazione, proprio a Dorchester, di un festival dedicato al poeta per i quarant’anni dalla sua scomparsa. La prima edizione della Thomas Hardy vide dunque luce nel 1968 (v. foto a lato), come creazione ad hoc brassata dai discendenti della famiglia Pope: la bottiglia, oltre a riportare l’effige del letterato sul collo, citava i versi dedicati da Thomas Hardy alle strong ale sull’etichetta. Di colore scuro, classificata dal sommo Michael Jackson come Old Ale, la Thomas Hardy’s Ale ebbe fin dalla sua prima edizione quel carattere, così ben centrato dai versi di Hardy, che l’avrebbe resa celebre (e longeva) negli anni. Quella birra non rimase un esempio unico: nel 1974 la Eldridge Pope decise infatti di riprenderne la produzione, che da quel momento divenne annuale (ad eccezione del 1976) e sempre limitata nelle quantità.
La Thomas Hardy’s è un perfetto esempio di produzione inglese, sia per quanto riguarda il profilo maltato sia per la luppolatura. Nelle parole di Michael Jackson, tratte da “Mj’s Beer Companion” del 1993, “la Thomas Hardy è fatta interamente con malti pale ale e deve il suo colore sia alla sua densità che alla caramellizzazione in bollitura. Durante la produzione viene aggiunto lievito svariate volte, sia in fermentazione che nei tre mesi di maturazione. Almeno metà della maturazione viene fatta a temperatura ambiente, dopodiché la birra viene raffreddata per far precipitare il lievito in sospensione. Non è filtrata né pastorizzata, e non viene aggiunto né materiale fermentabile né lievito in bottiglia. La Thomas Hardy dovrebbe sempre essere conservata e servita a temperatura ambiente”. Sempre secondo Michael Jackson i luppoli dovrebbero essere East Kent Golding, Fuggle e Styrian in dry hopping. Una birra complessa insomma, scura, di ben 28 Gradi Plato (12 gradi alcolici) e pensata per le grandi occasioni, che lo stesso birrificio consigliava, fin dalle prime edizioni, di bere dopo cinque anni dalla produzione, con vita garantita per ben 25 anni.
Nel 1999 Eldridge Pope sospese la produzione per chiudere i battenti poco dopo, finendo per gettare sinistre ombre anche sul futuro della birra che più di tutte l’aveva reso celebre. Male per la reperibilità, bene per il mito. Nel 2003 la Thomas Hardy’s Ale ritorna in vita. Responsabile di questa operazione è la Pheonix Importers, azienda americana che già aveva importato alcune delle bottiglie del 1968. Se è stato il nuovo mercato a salvare la Thomas Hardy’s, il diritto di produzione venne comunque acquistato da un birrificio inglese, O’ Hanlons. Questa seconda vita si rivelò purtroppo ben più corta della precedente, fermandosi nel 2009 dopo soli sei anni. E ancora una volta per motivi economici. Fine della storia? Neanche a pensarci! Nonostante le difficoltà infatti la leggenda della THA pare oggi destinata ad arricchirsi di un nuovo capitolo. Da alcuni mesi George Saxon della Phoenix Importers ha ceduto la proprietà del marchio Thomas Hardy’s Ale alla Brew Invest controllata dall’italiana Interbrau dei fratelli Sandro e Michele Vecchiato. La leggenda, questa volta a tinte tricolori, continua.
Articolo tratto da Fermento Birra Magazine n. 5