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Tempo di compromessi: l’Austria sdogana la birra analcolica

Pinte e compromessi, ibirra analcolical caso della birra analcolica: se a “sdoganarla” è un Paese di forti consumatori come l’Austria. La notizia sta facendo un certo scalpore; e provocando un diffuso (comprensibile) arricciamento di nasi sulla sponda tradizionalista dei devoti alla figlia di Cerere. Eppure i numeri sono lì, nero su bianco: segno dei tempi, piacciano o non piacciano. Dunque, le cifre. Nelle biesrtube della terra di Mozart, si beve sempre più alkoholfrei: per questo segmento della produzione, il 2014 si è chiuso con un aumento delle vendite pari al 31%, toccando, in termini assoluti, un volume complessivo pari a 20.5 milioni di litri, equivalente al 2,4% sul totale degli 849 milioni di litri globalmente assorbiti dal mercato interno. Il dato è significativo; a maggior ragione a fronte del fatto che l’economia brassicola dello Stato alpino è una realtà in salute: con 105 litri pro capite Vienna si conferma al secondo posto nella classifica europea delle 849 milioni di litri di birra bevitrici, alle spalle della sola Repubblica Ceca (prima con ben 135 litri a testa). E in Italia? Da noi la quota di analcolica sul quantitativo generale si attesta attorno all’1%; anche questa una statistica da non sottovalutare: se si pensa che l’artigianale vale il 2%. Quanto al gusto, beh, inutile dire che è un’altra cosa, rispetto alla birra normale; interessanti però sono gli esperimenti migliorativi condotti da un pool di ricercatori dell’Università di Valladolid, di cui abbiamo dato conto anche nei nostri servizi.