FocusIn vetrinaNews

Lieviti non convenzionali: la candida. Il caso del birrificio Epica.

Birra e miele, un connubio ben consolidato, tanto nella pratica, quanto nella letteratura produttiva. Nuova, però, è la frontiera aperta in Sicilia: dove il nettare degli alveari è stato impiegato non come ingrediente da inserire nella ricetta della bevanda di Cerere, bensì come substrato dal quale isolare un lievito con cui farne trasformare il mosto. Mosto che, peraltro, nasce al 100% da una varietà di frumento tradizionale ma accantonata, il grano Maiorca (qui per metà maltato, per metà crudo), la cui genetica risulta interessante per il potenziale enzimatico: parametro fondamentale per la conversione, in zuccheri fermentabili, degli amidi contenuti nei semi. Contesto della sperimentazione, un progetto, ruotante attorno alle potenzialità di materie prime locali, che vede il coinvolgimento di diversi livelli istituzionali, con al centro l’Università di Palermo; e la collaborazione di un birrificio artigianale, il marchio Epica di Sinagra (Messina), quest’ultimo a fungere da laboratorio in cui preparare materialmente il prodotto, battezzato Atena (dal nome della dea della conoscenza).

ATENA: LA GENESI. L’iniziativa – presentata da alcuni tra i docenti dell’ateneo isolano che ne sono promotori, i professori Nicola Francesca, Aldo Todaro e Alessandra Carrubba, anche a nome del collega Vittorio Farina – prevede in particolare l’inoculo di un ceppo del fungo classificato, biologicamente, come candida (il genere) oleophila (la specie). Anche se la collocazione tassonomica di questo lievito, relativamente appunto alla specie, dovrà con ogni probabilità essere approfondita e rimodulata. Non cambia il punto cruciale della ricerca: ovvero il possibile contributo alla birrificazione da parte di un microorganismo non convenzionale (cioè estraneo alla pratica tecnologica tradizionale) e in particolare non fermentativo; già, perché la Candida, per la propria riproduzione, nel consumare zuccheri, non produce (se non in quantità irrisorie) quell’alcol etilico che, d’altra parte, di una pinta è tra gli elementi distintivi. Nel caso della Atena, alla gradazione provvede un lievito convenzionale, un saccharomyces cerevisiae (per l’esattezza l’US-05); impiegato secondo la tecnica dell’inoculo sequenziale: nella fattispecie, la sua aggiunta al mosto avviene 72 ore dopo quella della candida.

PECULIARITÀ ORGANOLETTICHE. Ora, la questione nodale è come si comporta appunto la candida; quali sono i composti che genera e i loro effetti. Ebbene, sotto il profilo strettamente concernente il suo metabolismo, oltre a quelle minime proporzioni di etanolo (e di anidride carbonica) di cui si è detto, le sue cellule danno luogo alla formazione di acido malico (in lieve entità), di esteri, ma soprattutto di alcoli superiori (ai quali sembrano connesse, organoletticamente parlando, percezioni floreali) e di enzimi. Ecco, a questi ultimi sembra legata una ricaduta interessante sul piano dell’azione sinergica che si sviluppa con il secondo lievito di cui ci si avvale per la Atena. Nei casi infatti di coinoculo (cioè la deposizione, in un mosto, di microrganismi diversi), la sinergia che ne consegue può dare esiti assai diversi: ponendo ad esempio di ricorrere (come nella fattispecie) a due ceppi, talvolta uno va a smontare gli aromi generati dall’altro; talvolta ne incentiva l’azione o la completa, incrementandone i risultati sul piano sensoriale: ed è ciò che sembra verificarsi in questa circostanza. Ma non è tutto: alla candida sembrano essere attribuibili ulteriori, e interessanti, conseguenze, al momento in cui, consumati i nutrienti utili alla propria riproduzione, s’incammina verso la decomposizione delle sue stesse cellule, entrando nella fase detta di autolisi. Ecco, in tale processo, il ceppo qui impiegato parrebbe, da un lato, rilasciare polisaccaridi e proteine (che dal punto di vista palatale regalano impressioni di morbidezza, di levigatezza); e per altro verso liberare invece aminoacidi portatori di percezioni affilate, di timbro acidulo e in parte sapido, destinate a sommarsi a quelle del già citato acido malico). Infine, questo lievito non convenzionale funge da bioprotettore naturale, captando ossigeno e caricando su di sé le correlate ossidazioni: evitando insomma che si esercitino sulle altre componenti chimiche del sistema, a detrimento della qualità gustolfattiva generale del prodotto.

ATENA: L’ASSAGGIO. Ma andando al sodo, com’è, in termini di bevuta questa birra sperimentale siciliana, classificabile come Wheat Ale? Ecco qua. In mescita il colore è un paglierino leggermente scarico, l’aspetto lievemente velato e la schiuma (bianca) di grana apprezzabilmente fine. Gli aromi, piuttosto sottili, accolgono principalmente tematiche panificate (una crosta appena imbiondita), fruttate (pesca, pera), fogliacee (geranio) e floreali (l’artemisia, la magnolia, il tiglio con le sue delicate citricità). Infine la sorsata: che risulta scorrevole, grazie a una corporatura leggera quanto la gradazione (5%); a una bollicina guizzante e ben integrata; a una viva dorsale acidula la cui percezione (a prescindere da un Ph attestato a 3.9) è, sì, sottolineata da una leggera piega tannica a fina corsa gustativa, ma non entra certo in conflitto con alcuna venatura amaricante (il luppolo, lo Styrian Golding, pur gettato solo in bollitura vigorosa, è dosato in misura omeopatica). Insomma, un bicchiere ben rinfrescante: per la calura delle estati siciliane, ci sta eccome.