La birra in Francia

Attraversata oggi da un risveglio artigianale – dalla Manica al Mediterraneo – che ha portato il totale dei marchi censiti (tra “micro”, brewpub, beerfirm e industriali) a quasi 650, la Francia presenta un panorama diversificato, la cui sfaccettature meritano di essere vagliate singolarmente. Anzitutto le caratteristiche dell’esperienza craft; che, come in tante altre parti del mondo, oscilla tra varie direzioni. La prima è l’adesione alla tendenza dominante statunitense-nuovomondista. A Neydens, ad esempio, la gamma di Mont include la Black Indians, il cui stesso titolo sottintende il genere d’appartenenza ovvero quello delle Black Ipa. Seconda direttrice, l’interpretazione di stili “di nicchia” e del passato (non solo locali): da qui l’ispirazione per la Brasserie du Haut Buëch, che a La Jarjatte (a 1100 metri d’altezza e 75 chilometri a sud di Grenoble) firma la Suprême Grätzer, affumicata sul modello delle tipologie tedesche Grätzer e Lichtenhainer. Terzo orientamento, quello che punta l’attenzione sulle potenzialità sia delle delle tipicità alimentari regionali (in Bretagna e in Normandia, ad esempio, varie le ricette facenti uso di grano saraceno), sia delle contaminazioni con il know how vinicolo: una tra le etichette transalpine più apprezzate è la Cognac Barrel della Brasserie La Débauche (Angoulême), Barley Wine lavorato in barrique (da Cognac, ovviamente). Parlando di trend contemporanei, e concentrandoci in particolare sull’innamoramento globale per il luppolo, non va trascurato come l’Alsazia sia una zona tradizionalmente vocata alla coltivazione del rampicante (attualmente i raccolti corrispondono all’1% sul totale mondiale) e che vanti una varietà fortemente territoriale nello Strissespalt. Commercializzato anche come Alsace, Elsasser (or Elsässer in tedesco), Precoce de Bourgogne e Tardif de Bourgogne, reca un apporto amaricante contenuto e un profilo organolettico contiguo a quello dello Hersbrucker Spät, da cui deriverebbe, fornendo contributi prevalenti di tipo erbaceo, floreale, agrumato. Oltre a questi aspetti, ci sono poi quelli delle tradizioni storiche. E qui i riferimenti stilistici da citare obbligatoriamente sono due: quelli, entrambi ad alta fermentazione, delle Bière de Mars e delle Bière de Garde. Dette anche “de Printemps” (cioè di primavera), le Bière de Mars sarebbero secondo alcuni osservatori una costola delle stesse Bière de Garde (in particolare varianti a minor contenuto etilico, da consumarsi velocemente, senza soste in locali di stoccaggio), mentre secondo altri rappresenterebbero una categoria del tutto autonoma. Quella di birre definite “di Marzo” perché in quel mese, o giù di lì, ne venivano aperte le prime bottiglie, con le quali festeggiare la fine della stagione fredda, dopo che, lungo le sue grigie settimane, le birre in questione (sui 6 gradi alcolici) avevano svolto il loro affinamento. Il brassaggio – stando a questa ricostruzione, si svolgeva durante i primi giorni d’inverno, prevedendo l’impiego di luppoli alsaziani, insieme a malti ottenuti da orzo di ultima semina e di più tardivo raccolto.

Passiamo alle Bières de Garde. I Pays du Nord, nella zona nord orientale della Francia, sono una delle pochissime zone francesi dove la birra prevaleva rispetto al vino, almeno in produzione. Si stima che all’inizio del ‘900 di tutti i 2300 birrifici operativi in Francia circa 1800 fossero in questa regione. Come detto le bières de garde condividono con le saison lo stesso background contadino e lo stesso obiettivo, se possibile però la loro storia è ancora più nebulosa. Delle antiche bières de gard prodotte in fattorie si sa per certo solo che fossero birre destinate all’invecchiamento che presentavano volutamente note caratterizzate dall’uso di lieviti misti. Ci sono testimonianze inoltre che effettivamente venissero prodotte birre più forti durante la stagione produttiva in modo da creare una riserva destinata all’estate (bières de garde significa letteralmente birre da conservazione), il che marca una distanza con le saison che venivano invece luppolate per migliorarne la stabilità. Si sa inoltre che le  bières de garde erano molto in voga a Lille all’inizio del ‘900, rinomate per la loro caratteristica vinosa oltre che per essere invecchiate per sei mesi o più e all’occorrenza blendate con altre birre più giovani (pratica comune in molte culture brassicole). Le difficoltà che si incontrano nella storia delle bières de garde sono legate direttamente alla storia brassicola e sociale della regione. Senza indagarne le trasformazioni non si capirebbe infatti come si sia passati dall’archetipo storico di questo stile alle versioni moderne, maltate e di alta gradazione. Le moderne bières de garde sembrano infatti spartire molto di più con produzioni di derivazione tedesca come kolsch e altbier che non con le birre descritte nei pochi testi sopravvissuti e con le metodologie dell’epoca. Ma come si è arrivati a questa trasformazione? Nei Pays du Nord il processo di industrializzazione e urbanizzazione di fine ‘800 inizio ‘900 si è manifestato in maniera molto più violenta che in altre regioni, come la belga Vallonia. Con l’arrivo delle lager tedesche si sono praticamente estinti gli stili tradizionali a favore della produzione di basse fermentazioni (sia ben inteso che questo fenomeno ha colpito ogni Paese del mondo con maggiore o minore intensità, e anche il Belgio non ne è stato esente). Le bières de table di bassa gradazione e rinfrescanti della tradizione contadina vennero sostituite da pils ed helles e, congiuntamente, l’utilizzo della refrigerazione rese ininfluente il ciclo stagionale. La rinascita delle bières de garde segue passi analoghi, anche se più forzati, a quella delle birre tradizionali belghe. Resosi conto che non potevano competere sul piano commerciale con i birrifici tedeschi o con birrifici di grandi dimensioni, i produttori francesi cercarono stili “speciali” sui quali puntare e le bières de garde divennero il punto focale di questa operazione. Siamo negli anni ’70, le birre tradizionali belghe stanno ottenendo sempre maggiori consensi a Parigi e nelle maggiori città del Paese. I francesi trovano la loro specialità in una birra prodotta nel nord, oggetto di culto tra gli studenti di Lille, maggiore centro culturale della zona e città, come visto, dalla vocazione birraria. La birra in questione è la Jenlain Bière de Garde (così ribattezzata nel 1968) prodotta dalla Brasserie Duyck. Duick viene accreditato come il birrificio che ha salvato e reso nota al mondo la bières de garde, ma il contenuto alcolico elevato (6.5%), le tecniche produttive, l’assenza di qualsiasi tipo di sensazione legata all’uso di lieviti spontanei ci indica come questa birra sia molto diversa dalle sue antenate. Del resto è opinione diffusa tra i produttori francesi attuali che non vi sia una versione storicamente credibile delle bières de garde. Il birrificio Duick fu fondato nel 1922 e fu la prima ad imbottigliare la sua bière de garde nel 1945 rendendola più facilmente reperibile e conosciuta. Insomma, uno standard “di fatto” dello stile, privo però di radici storiche. Fu anche la prima brasserie ad utilizzare bottiglie di champagne e tappo in sughero, divenute poi importanti per le birre speciali francesi. Il successo della Jenlain venne seguito da altri produttori francesi che cercarono di imitarla, di fatto riconoscendole un primato. Anche uno dei principali concorrenti a livello storico di Duyck non è esente da questo processo: il birrificio Theillier, in attività dal 1850, ha portato la sua Bavarisienne, bell’esempio di bières de garde ambrée, dai 3,5° alc. fino agli attuali 7° alc. L’aumento dei gradi alcolici può essere annoverato come una mossa dettata dalla volontà di marcare una distanza con i prodotti quotidiani, industriali, piuttosto che come un recupero dello stile. Le attuali bières de garde nella loro produzione assomigliano infatti di più alle bock tedesche, molto apprezzate nella zona sin dalla fine dell’800. In particolare l’anello di congiunzione tra questi due stili potrebbero essere le mars bières dell’Alsazia parenti strette delle marzenbier tedesche prodotte però con lieviti ad alta fermentazione. Le attuali bières de garde infatti presentano in generale una fermentazione lunga e fredda e una lunga maturazione in tino. Questo si traduce in una grande limpidezza ed una bassissima concentrazione di esteri, rispetto alle bock o marzen tedesche risultano tendenzialmente più attenuate, benché ne condividano il carattere decisamente maltato. Per le contingenze storiche pare dunque che le attuali bières de garde siano più lontane dalle loro antenate di quanto effettivamente non lo siano le attuali saison a causa anche di una maggiore influenza della scuola brassicola tedesca. Una cosa che condividono ancora è invece la varietà all’interno dello stile. Fatto salvo il carattere prevalentemente maltato le bières de garde variano molto come sensazioni aromatiche, questo deriva sia dalla storia piuttosto recente, sia dalla endemica allergia alla categorizzazione dei produttori francesi (in questo decisamente simili ai cugini belgi). Anche questo stile vanta un’ottima vitalità in patria e all’estero, probabilmente anche in virtù di parametri non troppo restrittivi. Tra i riferimenti più noti citiamo: 3 Monts di St. Sylvestre, Jenlain della Duick