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La 10 e lode del birrificio Opperbacco incontra il domenicano Griffin’s Maduro Toro

Ho conosciuto Luigi Recchiuti, birraio dell’Opperbacco, ad una degustazione a Pagliare del Tronto, è arrivato assieme a Leonardo di Vincenzo. A tavola ci siamo messi a parlare d’arte a livello concettuale con una domanda che ha attanagliato i critici del ventesimo secolo e credo attanaglierà quelli del secolo in corso: che cos’è arte e che cosa non lo è? Luigi era molto interessato alla questione e di birra ne abbiamo parlato solo in un secondo momento, anche perché l’idea dell’arte non è così estranea dal suo modo di fare birra. Era, e credo sia ancora, alla ricerca di un’espressione artistica che possa rendere il suo concetto di birra e di territorio. I consigli di Leonardo di Vincenzo a Luigi sono stati sicuramente importanti, ma l’impronta del birraio dell’Opperbacco è già avvertibile nelle sue birre, dove le fusioni fra gli stili sono evidenti (con qualche eccezione legata all’amore) e la Triplica ne è il cavallo di battaglia. Ma nelle mie incursioni fumose il mio pensiero è andato subito alla 10 e lode, birra che ho assaggiato per la prima volta quella sera e mi ha piacevolmente impressionato.

La dieci e lode è una birra in stile belga (paragonabile alla Rochefort 10 da cui deriva anche la gradazione e il nome). Il colore bruno intenso potrebbe ricordare quasi una porter; con una schiuma cremosa, persistente e di color caffelatte. L’aroma è intenso, alcolico, ricorda l’irish coffe con accenno di cioccolato e panna, e un’intensa nota fruttata. Il gusto invece non viene aggredito dalla nota alcolica, nella  bocca si sprigionano una serie interminabile di sapori, tutti equilibrati e non sovrapposti e con una buona persistenza: frutta candita, liquore e caramello, caffè, liquirizia e cannella. La presenza di sei malti non crea disequilibri, il gusto assume note di pan brioche e, nel finale, lo zucchero di canna utilizzato al posto dello zucchero candito della tradizione belga fa esplodere una dolcezza che richiama il Pain d’épices. La gradazione alcolica è evidente, ma non rende difficoltosa la birra donandole una straordinaria bevibilità: attenzione agli Autovelox!

Il sigaro su cui è caduta la mia scelta, viene da una parte del mondo che fino ad adesso non avevo trattato: la Repubblica Domenicana. In questo piccolo paese si sono rifugiate quasi tutte le case di sigari fuggite da Cuba dopo la rivoluzione castrista ed è una specie di piccolo paradiso del sigaro. Il sigaro in questione è il Griffin’s Maduro Toro. L’aspetto è voluminoso e imponente, la fascia un poco grassa al tatto con venature appariscenti, gli odori di legni dolci si avvertono subito portandolo al naso. All’accensione il tiraggio non è perfetto, onestamente non so se per colpa mia o del sigaro, ma va notevolmente migliorando verso il primo terzo del sigaro, il sapore si ispessisce con il tempo virando da note leggere di cedro verso il pepe, il caffè e la fava di cacao. Il sigaro fa parte della gamma dei prodotti Davidoff, marchio importantissimo nel mondo del fumo, ma soprattutto un uomo il cui credo era: “Fumate di meno, ma meglio e più a lungo, fatene un culto, una filosofia!”

Nell’incontro con la birra entrambi si esprimono abbastanza bene, anche se le note finali diventano un pochino troppo dolci (dovremo forse aspettare la nuova serie di 10 e lode che si preannuncia più amara e meno ruffiana), ma nel complesso stanno bene assieme, con il sigaro che dona alla birra note legnose, quasi di barrique e il sigaro che evolve in bocca in sentori più persistenti, allungando le varietà di spezie del proprio pouf. Il finale si chiude verso la crosta di creme brule, lasciandoci un piacevole sentore dolciastro in bocca, con il rischio di evolvere verso il caffè troppo zuccherato.

Nel finale dovendo dare i voti ai due prodotti non avrei dubbi: Dieci e lode!

di Terry Nesti

Un commento

  1. Il sigaro lo conosco, provero’ anche con l’abbinamento birra. Complimenti per la rubrica