Birra e salute: lo xantumolo
Quello del rapporto fra alcool ed alcuni effetti benefici che lo stesso sarebbe in grado di apportare all’organismo umano rimane un argomento delicato e largamente dibattuto. Prima di addentrarci in discorsi e considerazioni in materia, una premessa è d’obbligo: si parla e si intende parlare sempre e comunque di consumi moderati, non dimenticando mai che l’abuso di bevande alcoliche provoca ogni anno in Italia circa 30.000 morti.
Numerosi sono anzitutto gli studi scientifici che testimoniano come l’assunzione di alcool comporta una minore incidenza di patologie cardiovascolari. A differenza di quanto si possa pensare, non vi sono però dati che dimostrino inequivocabilmente la superiorità di una bevanda alcolica (ad esempio il vino) rispetto alle altre. Resta inoltre da chiarire se il responsabile di tali effetti benefici sia l’alcool o alcuni composti che si ritrovano nelle bevande alcoliche, denominati “minori”: se fosse vera la prima ipotesi, qualunque bevanda alcolica avrebbe gli stessi effetti cardioprotettivi; se fosse vera la seconda, i superalcolici (che in pratica non hanno componenti minori) non giocherebbero alcun ruolo, mentre vino rosso e forse anche la birra potrebbero fornire dei vantaggi. Per quanto riguarda invece la prevenzione dei tumori, le ricerche sono ancora molto arretrate e non si possono trasmettere messaggi chiari al pubblico.
Proviamo dunque ad analizzare il potenziale ruolo della birra sulla salute umana, iniziando a parlare dei dati scientifici più recenti su quanto svolto dallo xantumolo nella prevenzione della patologia tumorale.
Che cos’è lo xantumolo? Il nome deriva dall’inglese xanthohumol. Chimicamente si tratta di un calcone prenilato (un flavonoide) di cui sono state dimostrate attività farmacologiche in diversi test. I flavonoidi prenilati sono secreti da apposite ghiandole delle infiorescenze del luppolo, insieme ad acidi amari e oli essenziali. Lo xantumolo (vedi struttura qui a lato) è il più abbondante di questi composti e rappresenta l’82-89% dei flavonoidi prenilati secreti dalle varietà europee di luppolo. Durante la preparazione della birra, lo xantumolo si converte in isoxantumolo, il maggior flavonoide prenilato della birra.
Ma per quale motivo i nutrizionisti ed i farmacologi si interessano allo xantumolo? Principalmente perché ha mostrato interessanti attività farmacologiche, per lo più rivelatesi in sistemi semplificati (cosiddetti in vitro). Spieghiamo per i non addetti ai lavori. Quando si parla delle attività di alcuni composti, spesso oggetto dei titoli di giornali, occorre distinguere tra risultati ottenuti in vitro e risultati ottenuti in vivo. Queste due definizioni riguardano situazioni sperimentali molto diverse fra loro. Nel primo caso (in vitro) si utilizzano provette, cellule in coltura, organi isolati. I dati che si ottengono sono molto importanti, ma rappresentano solo la base per proseguire gli studi in vivo, cioè nell’animale da esperimento ed, eventualmente, nell’uomo. Per chiarire il concetto: non e’ detto che alcune attività farmacologiche che si vedono in una provetta si possano poi dimostrare nell’individuo. Un esempio calzante è proprio quello dei micronutrienti. Dimostrare in vitro attività biologiche interessanti di un composto che poi non venga assorbito dall’organismo una volta ingerito ha poca ricaduta sulla salute umana.
Tra le proprietà manifestate in vitro dallo xantumolo vi sono un’azione antiossidante diretta ed indiretta, la stimolazione di enzimi coinvolti nei processi di detossificazione e l’inibizione di altri enzimi, coinvolti invece nei processi infiammatori. La peculiarità dello xantumolo (e di altri composti della stessa classe) riguarda però le sue attività inibitorie nei confronti della tumorogenesi. Esistono infatti alcuni studi sperimentali (per lo più iniziati nel 1996) che dimostrano come i componenti minori (aromatici) della birra possano avere effetti antimutagenici. Tra questi componenti, lo xantumolo è quello più studiato, e si stanno mettendo a punto metodiche sperimentali per aumentarne la concentrazione nella birra.
Prof. Francesco Visioli
Université Pierre et Marie Curie, Paris