Aprire un microbirrificio: quanto costa?

Molti appassionati decidono, o per lo meno valutano, di iniziare a trasformare la loro passione, il loro hobby, in un’attività lavorativa. Gli esempi di imprenditori birrai di successo che in pochi anni sono riusciti a realizzare il loro sogno abbondano, ma, come in ogni campo numerosi sono anche gli insuccessi e le aziende che si sono trovate (e si trovano) in grosse difficoltà. Più avanti riporteremo alcuni esempi di business plan, ma prima è opportuno analizzare a sommi capi le diverse prospettive di sviluppo e le diverse problematiche che si possono incontrare.

Ma quanto costa aprire un birrificio? Una domanda che in molti fanno, dagli appassionati homebrewers, interessati a fare il grande salto, o da alcuni imprenditori vogliosi di cavalcare l’onda alzata dal movimento della birra artigianale. In alcuni casi si tratta di desideri passeggeri, sogni velleitari, della serie baretto alle hawaii, ma ci sono persone che fanno sul serio.

Abbiamo girato la domanda a Lelio Bottero autore della “Guida all’apertura di un microbirrificio“. La risposta è senz’altro si! A patto di sapere bene a cosa si va incontro. Sono cosi tante le variabili in gioco che tenerle tutte sotto controllo, senza la dovuta preparazione ed il dovuto supporto, è quasi impossibile. Paradossalmente ha molte più possibilità di riuscita un buon imprenditore con un mediocre birraio che non l’inverso. 

Il microbirrificio

Per microbirrificio intendiamo un’azienda che produce birra che non vien consumata in locali attigui alla produzione, ma viene imbottigliata, infustata ecc… e venduta all’esterno. Dal punto di vista lavorativo richiede di spazi idonei (tipicamente un capannone), un impianto di produzione ed una serie di attrezzatura accessorie (scaffalature, muletto ecc ecc..). Il lavoro all’interno è solitamente svolto dai titolari e da uno o più collaboratori. Le problematiche di gestione sono limitate e si limitano al normale lavoro di carico scarico, approvvigionamento materie prime, ordini, spedizioni ecc ecc. Tutte situazioni comuni o comunque decisamente simili a quelle che si ricontano in altre attività di produzione alimentare (miele, marmellate, confetture, olio ecc ecc). In più vi sono i registri per la contabilità relativa all’accisa sull’alcool di competenza dell’Agenzia delle Dogane (ex UTF), che a breve dovrebbero passare, salvo ulteriori proroghe,  in modalità telematica. In modo molto schematico, sul manuale completo, verrà fornita una traccia di cosa è indispensabile, dal punto di vista cartaceo per avviare l’attività, tenendo presente che (w l’Italia) regolamenti comunali, provinciali, regionali e diverse interpretazione dei medesimi possono rendere più o meno complicato l’iter burocratico. Non è raro trovarsi in situazioni dove il rilascio di un’autorizzazione sia vincolata al rilascio di un documento che non può essere fornito senza prima aver ottenuto l’autorizzazione medesima. Con calma e pazienza…si risolve tutto. Il primo passo, una volta individuato un locale che ci sembra idoneo, è quello di fare visita agli uffici comunali di competenza che forniscono gratuitamente tutte le informazioni di base e le documentazioni richieste per avviare l’attività.Quando si decide di aprire un microbirrificio occorre un certo ottimismo e non lasciarsi vincolare dallo spazio minimo per lo start up. Si cerchino, quando possibile, situazioni che prevedano ingrandimenti e che siano raggiungibili con mezzi anche pesanti. Nulla è peggio nel veder tramontare le proprie aspirazioni a causa di passi falsi iniziali banali ed evitabilissimi. Un trasloco in corso d’opera comporta costi elevati e può anche essere causa di stop imprevisti di alcuni mesi con pesanti conseguenze economiche.

Il Brewpub

Si tratta di una birreria, o più raramente di un ristorante, che produce e serve direttamente ai cliente la propria birra. Spesso l’ impianto è “a vista”, sia per fare “arredamento” che per far comprendere immediatamente al cliente la tipologia del locale. Oltre a tutte le problematiche di un microbirrificio ha anche quelle relative alla somministrazione di cibo e bevande al pubblico. La licenza comunale è quindi diversa ed il titolare, o un suo preposto, deve essere in possesso dei requisiti per poter esercitare l’attività. Anche il lavoro cambia parecchio, sia per il maggior numero di figure professionali coinvolte (cuochi, camerieri ecc..) che per gli spazi che l’attività richiede. La competente USL deve agire su più fronti e prendere in esame anche le cucine, i servizi, gli spogliatoi del personale ecc ecc… Le casistiche qui sono così numerose e variegate che è quasi impossibile fornire indicazioni di massima. Sicuramente è più semplice affiancare una produzione ad un attività di ristorazione già avviata, o per lo meno preesistente. Non si trascuri inoltre che, a differenza di un micro che quasi sempre è ubicato in zona artigianale o comunque fuori dai centri abitati, un brew-pub è spesso nel centro di una città, con le problematiche relative ai parcheggi selvaggi, agli schiamazzi notturni, ai rumori ed agli “odori” durante la produzione. Attriti con i vicini e con l’amministrazione comunale possono creare seri problemi ed anche “sequestri cautelativi” a tutela della salute pubblica. (incredibile vicenda realmente successa ad un brewpub di Barletta accusato di inquinare con le “esalazioni di luppolo”). Un brewpub ha comunque un grandissimo vantaggio legato al minor tempo richiesto per recuperare il capitale investito e di fornire immediatamente (o quasi) un cash flow anche importante. Anche il dimensionamento dell’impianto, limitato al locale, è decisamente più semplice e si può calcolare approssimativamente in un litro per ogni posto a sedere, raddoppiando questo dato, si lavora con un buon margine. Per fare un esempio con un pub con 100 posti si possono stimare 300 hl annui di consumo (contando anche ferie e turni di riposo) .600hl annui si realizzano agevolmente con una sala cottura da 5hl utilizzata meno di 3 volte alla settimana.

Conclusioni

Se aprire un microbirrificio è sicuramente più semplice e meno impegnativo sia dal punto di vista economico che lavorativo è indiscutibile che un brewpub consenta margini di guadagno e recupero più immediato del capitale investito. A parità di litri prodotti la mescita diretta garantisce introiti pari almeno al doppio con spese di produzione simili, se non inferiori (spillando direttamente dai tini di maturazione non servono fusti, linee di lavaggio ed il tempo lavorativo è molto più ridotto). Molto spesso si tende a trascurare il lungo periodo che serve a un microbirrificio per arrivare a regime ed anche la “perenne”esposizione bancaria cui va incontro, essendo di 60gg il termine medio dei pagamenti. Manca inoltre, nonostante il gran parlare ed il grande interesse suscitato dalla birra artigianale, una vera cultura da parte degli operatori del settore che, pur cavalcando la moda, non sanno prestare le dovute attenzioni (catena del freddo, riparo dalla luce, spillatura adeguata ecc ecc) che queste birre spesso richiedono. Ciò comporta anche un ulteriore lavoro di informazione e di supporto, con relativi costi aggiuntivi difficilmente quantificabili in anticipo.

di Lelio Bottero